E Jiao o ejiao è il nome con cui è conosciuta un’antichissima medicina cinese già citata 2500 anni fa tra i rimedi efficaci in materia di ginecologia: integratore del sangue, nutrirebbe lo yin – principio e forza passiva femminile dell’universo complementare allo yang – e preverrebbe gli aborti oltre a fornire altre miracolose prestazioni. Il suo consumo in Cina è cresciuto a dismisura negli ultimi anni tanto da aver provocato un vero e proprio boom nell’acquisto di pelle d’asino. Ingrediente fondamentale del medicamento è infatti una gelatina prodotta bollendo la pelle asinina e in particolare quella dell’asino nero africano. Non vanno bene né il mulo né il cavallo né altre razze e una confezione su Amazon (completa di commenti negativi sul suo utilizzo o sui suoi supposti effetti) arriva a 160 euro. A rivelare il boom di questo commercio, di cui si parlava soltanto in qualche articolo di magazine specializzati dedicati alla salvaguardia della specie, è stato l’anno scorso il rapporto Under the skin (Sotto la pelle) prodotto da un team di The Donkey Sanctuary, associazione fondata nel Regno unito nel 1969 dalla dottoressa inglese Elisabeth Doreen Svendsen, un’animalista ante litteram morta nel 2011. Di asini al mondo ce ne sarebbero oltre 40 milioni ma la Cina, che deteneva uno dei primati con 11 milioni di capi, ha visto già dal 2014 dimezzaree il suo patrimonio. Diminuzione esponenziale come esponenziale è la domanda di ejiao, uno degli effetti sia della crescita della nuova classe media cinese, sia della facilità con cui, sul web, si propaganda, si vende e si compra il prodotto. Fonti cinesi citate dal rapporto sostengono che la domanda di pelle d’asino fa si che ogni anno la Cina abbia bisogno di 10 milioni di capi senza poter far conto sul suo mercato interno. Ecco perché negli ultimi anni è cominciata la caccia alla pelle d’asino africano con effetti devastanti sui mercati locali dove il quadrupede ha visto lievitare il prezzo d’acquisto a livelli insostenibili (in Burkina è passato da 70 euro nel 2014 a 125 nel 2016) tanto da muovere diversi Paesi a vietarne l’esportazione. La caccia riguarda anche America Latina e altre nazioni asiatiche. Il Pakistan ad esempio, pur ferreo alleato di Pechino, è diventato nel 2015 il primo Paese asiatico a bandire l’esportazione di pelle di asino.