Non si può chiedere a Matteo Salvini di leggere neppure la sintesi dell’ultimo rapporto Svimez, impegnato com’è a progettare il ponte sullo Stretto sul quale ha imperniato tutta la sua strategia di attenzione verso il Mezzogiorno. Lo possiamo, però, chiedere alla premier Giorgia Meloni in ragione del suo patriottico sentire. Scoprirà che la Nazione è dolorante con intensità crescente quanto più ci si porti verso sud. I numeri sono impietosi. Nel periodo 2008-21, quando nell’area dell’Euro il valore aggiunto dell’industria cresceva del 9,1% e nel Centro-Nord Italia si contraeva del 5,9%, il Mezzogiorno subiva un autentico tracollo segnando un meno 27,3%. In parallelo l’occupazione è cresciuta del 2,6% nel Centro-Nord ed è diminuita del 2,9% a Sud, mentre i salari reali si sono ridotti del 2,5% e del 9,4% rispettivamente. I lavoratori poveri (working poors) rappresentano, infatti, ormai un quinto del totale degli occupati a Sud contro il 9% delle altre regioni.

Anche i giovani con meno di 35 anni che non hanno lavoro e non sono inseriti in un percorso di formazione (i cosiddetti Neet) vivono prevalentemente a Sud, dove l’incidenza è poco meno che doppia rispetto a quella del Centro-Nord. Ancora: nel Mezzogiorno sono addirittura 4 su 10 le persone a rischio di povertà ed esclusione sociale mentre a livello nazionale sono “soltanto” un quarto.
Una situazione drammatica ma destinata a peggiorare perché l’impennata dei prezzi dell’energia colpisce assai più duramente il Sud dove sono concentrate le famiglie meno abbienti, che più delle altre ne pagano, e dove vi è maggiore concentrazione di imprese di piccole dimensioni, più esposte all’incremento dei costi per l’approvvigionamento energetico e al maggior onere per i servizi di trasporto. Non possono, dunque, stupire la ripresa e l’accelerazione dell’emigrazione meridionale, soprattutto giovanile.

Dal 2002 al 2020 hanno lasciato il Mezzogiorno quasi 2 milioni e mezzo di persone e sono sempre di più anche gli studenti che preferiscono frequentare le università del Centro-Nord, passati dal 20% del 2010 al 27% del 2021. Si prevede che entro il 2070 l’area oggi più giovane del Paese diverrà, viceversa, la più vecchia e perderà ancora 6,4 milioni di abitanti a causa dei crescenti e sempre più vistosi divari che interessano ogni ramo delle infrastrutture e dei servizi pubblici.

Particolarmente significativi i dati sulla scuola pur non ancora regionalizzata. Nel Mezzogiorno gli alunni della scuola primaria frequentano in media 4 ore in meno a settimana di quelli del Centro-Nord e per il 79% di loro non è previsto il servizio di mensa. L’abbandono scolastico precoce, di chi cioè non va oltre la terza media, interessa il 16,6% dei ragazzi meridionali a fronte del 10,4% di quelli che vivono nelle altre regioni.

Stando così le cose, la patriottica premier dovrebbe perciò chiedersi se la bozza di legge quadro illustrata dal suo ministro Calderoli il 17 novembre scorso alla Conferenza delle regioni corrisponda all’esigenza di ricomporre l’unità del nostro Paese; se ritiene, cioè, che delegando, con annessa dotazione di risorse finanziarie, alle regioni più ricche le competenze su istruzione, sanità, infrastrutture e molto altro ancora si vada nella direzione che tutti, almeno a parole, auspicano di superare lo storico divario fra le due Italie. O se, piuttosto, l’autonomia regionale differenziata non comporterà la fine dello stato unitario e il ritorno, in forme moderne e imprevedibili, agli stati ottocenteschi con svantaggio di tutti gli italiani, anche di quelli che risiedono in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.

La Lega Nord si è invaghita di una nuova patria padana e cerca da anni disperatamente il modo di disfarsi di quella che ritiene la zavorra del Sud come nella magistrale pellicola di Pietro Germi vorrebbe della propria moglie il barone Cefalù. L’autonomia differenziata sarà il delitto d’onore che consentirà agli sciagurati leghisti di disfarsi del Mezzogiorno? E la patriota Giorgia, pur di restare in sella ancora qualche anno, dichiarerà chiusa la Questione Meridionale come già cento anni fa fece imprudentemente il fascismo?