Milano, ha scritto Maurizio Cucchi, «è una città ideale per andare a passeggio. Non ti aggredisce, non ti stuzzica, molesta, con l’esibizione delle sue meraviglie». Sebastiano Brandolini, architetto e critico di architettura, ha preso alla lettera il consiglio del poeta milanese, ma da moderno flâneur qual è, ha allungato i suoi percorsi e a piedi, dal centro dove abita, si è diretto verso l’esterno, agli estremi lembi dell’hinterland milanese. I suoi itinerari sono raccolti in un agile e illustrato volume dal titolo Milano. A piedi nella metropoli (editrice Compositori, pp.118, euro 15,00) che crediamo vada letto non solo quale utile contributo alla mobilità lenta, ma perché contiene più di una riflessione sulla «città metropolitana» della quale, in un prossimo futuro, dovranno essere affrontati e speriamo risolti i molti problemi che la riguardano.

Il racconto parte da due considerazioni generali e una annotazione pratica: Milano è la somma di più comuni che raccolgono una popolazione di circa otto milioni di abitanti, quanto quella di altre città europee. Inoltre, che questa è composta almeno da cinque centri: piazza del Duomo, i tre grattacieli di Citylife, la Fiera, Sesto San Giovanni, il Parco Sud. Ogni «passeggiata reale», però, prima di essere intrapresa ha bisogno di essere definita «mentalmente».

Per farlo occorre una cartografia di precisione e qui nasce un primo problema. Poiché abbiamo mappe stradali e ogni genere di carta tematica, ma non una mappa affidabile per percorrere un territorio così vasto a piedi, Brandolini se ne farà una incollando insieme le mappe contenute in un piccolo volume sulla Dorsale Verde Nord: è l’«arazzo» che lo guiderà nel suo cammino. Completata la messa a punto dei mezzi e letto i testi essenziali per inquadrare gli aspetti urbanistici e architettonici di Milano e del suo territorio (il libro contiene un’essenziale bibliografia commentata) Brandolini può dare inizio alla sua impresa. Il suo itinerario inizia in direzione nord, verso la Brianza.

Suddiviso in due tappe, la prima da Legnano a Garbagnate e da lì fino a Seregno, la seconda da Lissone a Gorgonzola, il percorso vuole essere un vero sopralluogo sulle aree che da est a ovest saranno attraversate dalla nuova strada veloce denominata «Dorsale Nord Milano». L’infrastruttura stradale taglierà i centri urbani settentrionali dove oggi vive una popolazione che supera il milione di abitanti paragonabile a quella che abita il centro. «Centro» che, come abbiamo accennato, Brandolini considera un quartiere, va oltre gli anelli concentrici di viali e circonvallazioni originati dal primo piano regolatore di Cesare Beruto, e termina a ridosso delle due tangenziali. Sono queste arterie autostradali a definire, in un diametro di venticinque chilometri, l’agglomerato urbano di «Centro»: una distanza «universale, un Modulor del cammino» perché chiunque è in grado di percorrerla «dall’alba al tramonto» senza affaticarsi.

Brandolini l’ha percorsa preferendo, però, nominare al posto delle tangenziali i fiumi Lambro e Olona, le reti che da est a ovest in passato hanno segnato il perimetro della città meneghina, e che ricordano l’importante relazione che con l’acqua questa ha avuto per la produzione di energia, l’alimentazione e la mobilità delle merci. Un ultimo cammino ha interessato i quartieri sud. Attraversati in due giorni, da Abbiategrasso a Melegnano, il loro orbitare all’interno del Parco Agricolo Sud, ha fatto ben comprendere all’autore il significato che questa superficie di circa cinquantamila ettari ha per l’area metropolitana.

Questa è una delle «surreali» anomalie del territorio milanese: la campagna che confina con il tessuto urbano «oltre a essere inaccessibile e invisibile, è anche inesistente». Le sue cascine, in parte abbandonate, i canali, le coltivazioni e i filari di pioppi potrebbero costituire un «asset naturalistico o paesaggistico» diversivo dello spazio denso e caotico della città, ma, nonostante le intenzioni, neppure con l’evento dell’Expo si riuscirà a trasformarlo nell’ideale spazio pubblico per il bisogno di natura dei milanesi.

Accanto al Parco Agricolo Sud, Brandolini dedica del tempo anche al Parco delle Groane – da Bollate Nord a Camnago-Lentate – i cui confini irregolari gli rammentano «in piccolo un po’ la costa atlantica della Norvegia», e al Parco Media Valle Lambro – da Crescenzago a Monza – che nonostante le sue ridotte dimensioni (circa trecento ettari) e la sua configurazione troppo stretta ha ricche potenzialità di diventare un eccellente parco urbano. Se solo si potessero fruire le sponde del fiume Lambro, una volta bonificato, diverrebbe non più un «avanzo della metropoli», bensì un ecosistema. Nei suoi movimenti, «sempre tortuosi», proprio lì dove campi e orti, essenze arboree e vegetazione spontanea si mischiano ai tralicci dell’alta tensione, ai tracciati stradali e ferroviari, a fabbriche dismesse e condomini, Brandolini rivela la sua ispirazione «inconsapevole» al lavoro del botanico Ernesto Schick per il quale è indissolubile la «macro-conoscenza del territorio» da quella della «micro-osservazione» degli elementi naturalistici e ambientali. Il riferimento al suo Flora ferroviaria (Edizione Florette, 2010) gli è stato utile quanto visivamente la lezione di Richard Long, ma soprattutto il saggio di Iain Sinclair London Orbital (Il Saggiatore, 2008): un modello insuperato di racconto «crossmediale» riguardante il raccordo autostradale londinese M25.

La «psicogeografia» è però distante dall’indagine conoscitiva di Brandolini perché a differenza di Sinclair o di Niccolò Bassetti e Sapo Matteucci con il loro Sacro romano GRA (Quodlibet Humboldt), non è né scrittore né filmaker, ma un serio architetto che guarda alle possibilità concrete di trasformazioni del paesaggio e della città con gli strumenti e le leggi dell’urbanistica e dell’architettura. La «città infinita» nonostante la complessità dei suoi problemi è ancora con queste che dovrà misurarsi.