«Abbiamo fatto quello che dovevamo fare e se ci dicono di tagliare ancora rispondiamo di no. Mi auguro che la trattativa con l’Europa sia chiusa». E’ l’auspicio di Salvini e probabilmente non si realizzerà. Per ora il caso italiano non è all’ordine del giorno nella riunione della commissione europea di domani, quella che avrebbe dovuto dichiarare superata l’eventualità di una proceduta di infrazione oppure, al contrario, «raccomandarla» all’Ecofin che avrebbe poi provveduto a controfirmarla il 22 gennaio. Non è detta l’ultima parola. La questione italiana potrebbe essere portata di fronte ai commissari anche all’ultimo secondo. Però tutto lascia pensare che così non sarà e che l’Europa sceglierà di tenere l’Italia sotto tiro rinviando la scelta.

AL TERMINE DELLA RIUNIONE dei capi di gabinetto incaricata di fissare l’ordine del giorno per domani è trapelato solo che «la trattativa continua» e del resto l’incontro tra Conte e Tria a palazzo Chigi di ieri sera, dopo i colloqui telefonici del ministro dell’Economia con Moscovici e Dombrovskis, conferma che il discorso non è chiuso. Sul tavolo ci sarebbe anche l’abbassamento delle stime di crescita dall’1,5% all’1%. La tentazione forte, se non ancora la scelta finale, di sospendere il giudizio sulla manovra italiana deriva da tre considerazioni diverse.

La prima è strettamente tecnica: il tempestoso vertice notturno di domenica notte si è chiuso in maniera tutto sommato confusa. Il governo ha annunciato di aver «trovato tra le pieghe» (sic) i tre miliardi necessari per arrivare a quel 2,04% che sinora era stato offerto senza ulteriori particolari. Il braccio di ferro sull’ecotassa si sarebbe concluso limitandola ai Suv e alle Porsche, ma non è del tutto certo perché la formulazione è ambigua. La direttiva Bolkestein sulle spiagge è stata rinviata di 15 anni, prorogando dunque di tre lustri le concessioni balneari demaniali, e sulle pensioni d’oro sembrerebbe averla spuntata il Movimento 5 Stelle, ma anche questo non è del tutto chiaro. M5S ha accettato a denti stretti di dividere alla pari il sacrificio con la Lega, eliminando un paio di miliardi dai fondi per il reddito di cittadinanza.

IL TUTTO È STATO MESSO nero su bianco e spedito alla commissione. Ma quel che alla commissione medesima preme, la situazione del deficit strutturale, resta avvolto nella nebbia e già ieri mattina anonime fonti di Bruxelles segnalavano che un miglioramento,«anche minimo» del deficit strutturale resta necessario. Se si aggiunge che i conti sono un bel po’ ballerini, con un miliardo di «spesucce», come ad esempio quella per le buche di Roma, stanziate proprio domenica notte ma senza copertura, si capiscono le esitazioni della commissione.

Ci sono però anche considerazioni politiche. Per l’Europa aprire un terzo fronte da aggiungere ai guai targati gilet jaunes e Brexit non è consigliabile, forse non è possibile. Ma è altrettanto impossibile glissare sul vero nodo del braccio di ferro in corso da mesi, il cambio di marcia sul deficit strutturale collegato essenzialmente a quota 100. Inoltre la commissione è divisa. Juncker e Moscovici, come più volte segnalato ai governanti dal Colle, rappresentano l’ala più accondiscendente, ma i Paesi del nord, con l’Olanda e il commissario lettone Dombrovskis in prima fila, continuano invece a insistere per una linea più rigida. In questa situazione, il rinvio potrebbe rivelarsi una scelta obbligata.

Solo che un rinvio renderebbe ancora più clamorosa una situazione che, nel Parlamento italiano, è già molto oltre i confini dell’accettabile. La commissione Bilancio resta nel limbo, deambula a vuoto per le sale di palazzo Madama. Il governo aveva fatto sapere di voler portare addirittura il maxiemendamento direttamente in aula, stamattina, per poi approvarlo a spron battuto con la fiducia. Uno schiaffo al Parlamento quale nessuno si era mai permesso di affibbiare prima, neppure il governo Renzi che pure, da questo punto di vista, pareva insuperabile. Invece è stato superato proprio da chi giurava di voler restituire al Parlamento quella centralità che è tale ormai solo sulla carta. Anzi su una Carta della quale nessuno sembra più interessarsi molto nella sostanza.

LA RIVOLTA DELLE OPPOSIZIONI, gestita in buona misura dal rappresentante di LeU in commissione bilancio Vasco Errani, per una volta ha frenato il governo. Il maxiemendamento dovrebbe arrivare stamattina in commissione. Nel pomeriggio la conferenza dei capigruppo deciderà quando fissare il nuovo approdo della manovra in aula. Le opposizioni chiedevano l’aula per venerdì ma il voto potrebbe essere anticipato a giovedì. Sempre che stamattina l’emendamentone arrivi davvero e non è affatto certo.