In Germania, qualunque sia la lettura ufficiale, si diffonde l’idea che prestissimo il nuovo afflusso di profughi e immigrati non potrà che scuoterla fortemente. Per questo chi realizzare le politiche e raccogliere i voti nei governi regionali dei Länder (e per il Bundestag fra un paio d’anni) fa già le sue considerazioni, che non si fermano ai profughi odierni. Né all’immediato futuro, con milioni di persone che, dovunque approdino in Europa, hanno perlopiù un solo desiderio: arrivare in Germania.

Si ragiona al di là, ripetiamo, degli ideali di solidarietà umana, magari di socialismo. Si pensa all’impatto di tutto questo nei prossimi anni, addizionando agli arrivi di profughi senza fine, quello ingentissimo degli immigrati «ordinari» che cercano lavoro.
Chi nella Spd tutti i giorni si confronta con Schäuble si convince sempre più che nelle menti dei rivali (oggi alleati di governo) della Cdu-Csu si verifica una convivenza insidiosa, forse contraddittoria ma nondimeno saldissima: quella fra la svolta «umanistica», inevitabile per tanti motivi, della cancelliera, e il pragmatismo senza illusioni del suo partito. Questa convivenza, apparentemente contro natura, è assicurata, più che da Merkel, da Schäuble. Lui, con il proprio realismo duro e conservatore, pensa alla fine di far stare insieme i principi più divergenti, non importa se con suture purulente.

Chi, al governo di Berlino, con lui negozia il budget ogni giorno lo vede deciso a ragionare per fasi: sì, i rifugiati e gli immigrati economici accorreranno a milioni, non ci sono veri respingimenti pensabili. Del resto, chiudere le frontiere significherebbe disarmare l’argomento secondo cui quando si esigono i tagli nella sanità greca, o portoghese o italiana, lo si fa per superiore etica del risparmio, non per inumanità.

Tuttavia, Schäuble continuerà a sottofinanziare l’accoglienza, fino a mettere in conto lo scontro con la Corte Costituzionale, la quale invece dovrebbe pretendere più risorse perché i minimi sociali devono essere tali anche per i profughi.
Questo sottofinanziamento da parte di Schäuble si spiega con la dottrina ordoliberale ma anche calcolando una conseguenza: la probabile, definitiva affermazione, anche in Germania, di una partito nazional-populista che superi la soglia del 5%. Una eventualità deprecabile ma probabile: perché è vero che tutti i rifugiati d’Europa sognano la Germania (o la Svezia), ma vi troveranno mercati del lavoro in gran parte fintamente ricchi, i cui precari o declinanti classi medie reagiranno con risentimento. In Svezia (Sverigedemokraterna oltre il 15% nei sondaggi) già accade. Perché non anche in Germania?

Ecco il calcolo di Schäuble: l’accesso dei nazional-populisti nei parlamenti regionali danneggerà in voti e in dei seggi più la Spd che la Cdu-Csu.

Per due motivi: perdere qualche punto partendo dal 40% della Cdu-Csu significa rimanere centrali in un panorama con altre sei forze medie e piccole, che a questo punto comprenderebbero anche una Spd al 20%, in alcuni Länder anche sotto. Inoltre, con i suoi atteggiamenti tetragoni sul bilancio, incluse anche le politiche di accoglienza, Schäuble pensa di limitare le proprie perdite verso i nuovi partiti nazional-populisti. Moltiplicando i potenziali «forni» coalizionali: non più obbligatoriamente le Grandi Coalizioni con la Spd, ma anche i Verdi, che secondo molti nella Spd non aspettano altro per non perdere l’opportunità generazionale di andare al governo. Ma anche i liberali. E anche, un giorno, per cominciare almeno in qualche Land, lo stesso nazionalpopulismo in via di affermazione.

Certo, esiste anche un grande rischio: la maggiore liquidità e frammentazione elettorale mentre al contempo cresce la presenza etnica non tedesca e cadono i tabù pluriennali rispetto a quanto, in Germania, sia ammissibile normalizzare una destra esplicita.

Se però lo si chiede ad autorevolissimi leader della Spd la risposta è chiara: la Cdu-Csu, e Schäuble in particolare, fanno sempre meno riflessioni ampie e di lungo periodo come queste. Non ci sono più scenari che essi necessariamente aborriscono, proprio mentre la loro immagine «umanitaria» migliora con la vicenda dei rifugiati (e forse proprio per questo). L’obbiettivo è diventare la sola forza centrale al costo anche di nuovi rischi. E assestare ancora un colpo alla Spd.

La quale a questo punto dovrebbe assolutamente interrogarsi su un proprio indispensabile, deciso, cambio di strategia se intende ripristinare la propria centralità. Porsi domande sulla sua storia, non solo recente. Che dovrebbero condurre a considerare una nuova alternativa di sinistra.