«Non sarò io a preoccuparmi delle regole. Voglio parlare dell’Italia. L’importante è dire forte e chiaro: l’8 dicembre possono votare tutti, tesserati e non». La partita del congresso dei circoli non è ancora chiusa – si chiuderà il 10, poi il 17 la convenzione per il segretario – ma già Matteo Renzi la archivia derubricandola a «pasticcio» da buttarsi alle spalle. Gli oppositori del sindaco di Firenze insorgono e denunciano lo scarso interesse del favorito alla segreteria del Pd nei confronti della base del suo partito. Lui nega. Ma in un’intervista a Repubblica chiosa: «Continuo a pensare che la legittimazione di un segretario votato da milioni di persone sia superiore a quella di un leader votato da poca gente».

La frase, alla lettera, è banale. Ma nella sua autoevidenza nasconde un cambio di marcia: sta per scattare la ’fase due’ della campagna per le primarie di Renzi, la trasformazione di fatto della corsa in una competizione per la premiership. Le ragioni principali del cambio di marcia sono due, spiega chi in questi giorni con il sindaco ha parlato e ne conosce le future mosse. Il primo, cruciale: trainare più elettori possibili ai gazebo, fronteggiare il confronto con il successo delle primarie precedenti (oltre 3 milioni di votanti in quelle del 2009 in cui fu eletto segretario Bersani). E ricevere un’investitura larga che renda irrilevante il «pasticcio» del congresso dei circoli, la ’fase 1’ infelicitata dai cammellieri di voti e dalle loro truppe.

C’è un secondo motivo, però, per lo scarto di velocità: essere pronto, se mai dovesse servire, alle elezioni politiche provocate da un ricompattamento del Pdl-Forza Italia. Elezioni che, pur ritenute molto improbabili, nessuno può ancora davvero escludere. Fra ministri e nei ministeri comincia a tirare aria di smobilitazione. C’è anche chi giura che dall’Europa arrivano segnali sul fatto che le larghe intese sono ormai considerate un fattore di instabilità del paese, a dispetto degli attestati ufficiali che Letta ogni giorno raccoglie. «Dal 27 novembre, giorno del voto sulla decadenza di Berlusconi, all’indomani dell’8 dicembre, ci saranno esplosioni politiche di ogni genere», è il ragionamento. E il Pd di Renzi, «rivoltato come un calzino», non sarà imbelle come quello di Epifani. Appena eletto il nuovo leader sarebbe pronto a riunire il centrosinistra – non solo i parlamentari Pd – per chiedere di «cambiare verso» subito: dalla legge elettorale, «con chi ci sta».

Non a caso Gianni Cuperlo, incassato il sì alla chiusura del tesseramento prima delle convenzioni dei circoli per votare i quattro candidati (Renzi è d’accordo, ma a ieri Civati e Pittella no), sottolinea che la corsa dei gazebo è per eleggere il leader del Pd. Niente di più e niente di meno. «Renzi gode di una grande popolarità. Ho apprezzato il coraggio con cui ha affrontato le primarie dello scorso anno in una condizione più difficile di oggi. Ma vorrei chiarire che l’8 di dicembre andremo a votare il segretario del Pd, non si sceglie il candidato premier delle prossime politiche», ha detto a Youdem, la tv online di casa Pd. «Stiamo ragionando come se domani ci fossero le elezioni. Non è così. Quando arriverà quel momento ci saranno nuove primarie dove si confronteranno candidature diverse. E non è escluso che una di queste possa essere il sindaco di Firenze».

Una differenza non da poco – votare per il segretario o per il premier. A confondere i piani ieri ci si è messo anche l’ex presidente della Campania Antonio Bassolino, tornato sulla scena dopo l’assoluzione dal processo sui rifiuti, a dire ad Agorà (RaiTre) che, benché «culturalmente» più vicino a Cuperlo, voterà Renzi «che può consentire un salto di civiltà politica: con un centrodestra e un centrosinistra che si rispettano, alternano e riconoscono reciprocamente». La coincidenza fra segretario e premier, del resto, è ancora scritta nello statuto del Pd. Che rischia di erodere qualche consenso a Cuperlo, vanificando il suo buon piazzamento nella base del Pd. Lui da sempre spiega di non ambire a Palazzo Chigi. Molti dei suoi elettori ( ’grandi’, come D’Alema, e ’piccoli’ come tanti militanti) hanno già scelto Renzi come candidato premier.

D’altro canto Cuperlo gioca solo il primo tempo della sua partita. La segreteria Renzi, se partirà, durerà giusto il tempo di attesa della corsa a Palazzo Chigi. E a quel punto la guida del partito toccherebbe a un altro. Cuperlo è in pole position, ovviamente. Sempreché, comunque vadano, le primarie lo consacrino definitivamente leader nazionale. E sempreché, ovviamente, dopo la ’cura Renzi’ – distacco del cordone ombelicale con la Cgil, trasformazione in partito dei territori e degli amministratori con un’organizzazione leggera, cura dimagrante drastica nell’apparato – ci sia ancora un Pd da guidare.