Martedì scorso il Parlamento europeo ha votato in plenaria l’approvazione della nuova politica agricola europea, la Pac, che detterà le regole per la distribuzione dei sussidi in agricoltura, in altre parole ne indicherà la strada fino al 2027. Il contenuto di questo compromesso politico è molto deludente e a pagarne il conto saranno ancora una volta le piccole aziende agricole, l’ambiente e il clima.

La Pac impegnerà il 32% del bilancio comunitario con circa 400 miliardi di euro, di cui 38 miliardi saranno destinati all’Italia. Il 23 Novembre, dopo anni di discussioni e ritardi, il Parlamento europeo ha messo fine ai negoziati e a colpi di scena. L’accordo è stato votato e siglato ed entrerà in vigore nel 2023.
In questo momento gli Stati membri stanno definendo i Piani Strategici Nazionali, un procedimento inserito dalla nuova riforma per garantire maggiore flessibilità e adattamento alle esigenza nazionali sul come distribuire i sussidi. Questo documento deve arrivare alla Commissione Europea entro fine anno. Secondo le Associazioni della Coalizione italiana #CambiamoAgricoltura con il Piano Strategico italiano «non siamo più neanche di fronte a un tentativo di greenwashing, ma di un vero e proprio patto per l’agricoltura industriale, che relega a contorno gli impegni per l’ambiente e il lavoro».

La nuova riforma della Pac non affronta adeguatamente i problemi urgenti che riguardano il cambiamento climatico (stiamo andando incontro a un aumento ben superiore di 1.5C° e il sistema alimentare è uno dei grandi inquinanti), la perdita di biodiversità (il 75% del cibo che mangiamo viene da 12 piante e 5 specie animali) e la mancanza di equità nella distribuzione dei sussidi (l’80% dei sussidi finisce nelle mani del 20% dei beneficiari); favorisce al contrario un modello agricolo industriale che premia gli ettari piuttosto che le pratiche sostenibili: più grande è l’appezzamento di terra, maggiore il contributo.

Il testo non contiene nessun riferimento esplicito agli obiettivi della strategia Farm to Fork: come, ad esempio, la riduzione del 50% dei pesticidi in Europa entro il 2030, la destinazione entro il 2030 il 25% dei terreni agricoli dell’UE all’agricoltura biologica, o la riduzione del 20% l’uso di fertilizzanti. Solo una menzione, senza vincoli, del Green Deal, il piano Europeo per la lotta al cambiamento climatico e la transizione ecologica.

Il nuovo dossier è una brutta copia del precedente e di fatto continuerà a sostenere un modello di agricoltura industriale e inquinante, almeno fino al 2027.
Per Slow Food questa riforma non riuscirà a realizzare una vera transizione ecologica nel settore agricolo. Per come è oggi la Pac, da cui dipendono le ambizioni del Green Deal della Commissione europea e della strategia europea Farm to Fork, perde l’opportunità di costruire un sistema alimentare resiliente che sia sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.

Mentre i cittadini e i giovani continuano a esprimere la loro intenzione ad avanzare verso un futuro attento all’ambiente, questa riforma è in ritardo e va dalla parte opposta di ciò di cui abbiamo bisogno noi e il nostro pianeta.
In collaborazione con la campagna Good Food Good Farming, Slow Food ha lanciato messaggi chiari da parte dei cittadini e degli agricoltori, mostrando il malcontento nei confronti dell’attuale Pac, e chiedendo un migliore sostegno alle produttrici e produttori.

La speranza di Slow Food si sposta ora sugli obiettivi degli Stati membri e sul processo di approvazione dei Piani strategici nazionali da parte della Commissione europea, che ha promesso di rivederli alla luce del loro contributo al Green Deal. Ma le speranze sono ridotte al lumicino.

* Slow Food