Fino a pochi giorni fa della regione slovacca di Banská Bystrica si sapeva soltanto che aveva dato i natali al centrocampista del Napoli Marek Hamsik, quello, sia detto per chi segue poco il calcio, che scende in campo con la cresta da moicano. In futuro è però probabile che ci si ricorderà di questa zona soprattutto per un altro nome, quello di Marian Kotleba, il neonazista che è appena riuscito a farsi eleggere governatore. In una zona segnata in modo consistente dalla disoccupazione, Kotleba deve la sua popolarità al fatto di aver organizzato numerose marce violente e diverse campagne razziste nei confronti della minoranza rom. Una politica dell’odio, «improvvisazione populista con elementi di neonazismo» l’ha definita l’importante quotidiano di Bratislava Hospodarske Noviny, che ha dato i suoi frutti.

Lo «stato d’animo»

Ma, guardando alla situazione dei paesi dell’Europa centro-orientale, si può davvero pensare che quello di Kotleba rappresenti un caso isolato? Come ha spiegato all’indomani del voto a Banská Bystrica il politologo slovacco Michal Horsky, le cose non stanno così. «I partiti tradizionali, chiusi nelle stanze del potere – ha sottolineato Horsky – non sembrano aver notato un nuovo stato d’animo che è emerso recentemente sia in Slovacchia che in tutti i paesi dell’Est: l’antipolitica quando va bene, l’estremismo di destra i molti altri casi».

La caccia ai rom

Non solo, secondo Catherine Fieschi, direttrice del think tank britannico Counterpoint che studia da anni la nuova onda nera dell’Est, «nei paesi dell’ex blocco sovietico, agli scarsi anticorpi contro il razzismo che si erano sviluppati durante gli anni dei regimi totalitari, si è aggiunta di recente la delusione nei confronti del capitalismo e del mercato che non hanno mantenuto le promesse annunciate: il risultato è una situazione davvero esplosiva». In nessuna altra parte dell’Europa infatti la scena è dominata in modo altrettanto deciso da formazioni populiste o esplicitamente fasciste e da gruppi violenti se non da vere bande paramilitari.
Del resto, proprio la «caccia ai rom» che ha fatto la fortuna dell’estrema destra slovacca – prima dei neonazisti di Banská Bystrica è venuto il Partito Nazionale Slovacco che ancora oggi conta una decina di deputati in parlamento -, caratterizza da tempo anche il circuito dell’estrema destra della confinante Repubblica Ceca. Decine le marce contro gli insediamenti rom, spesso concluse con aggressioni e incendi, messe in piedi solo l’estate scorsa dai militanti del Partito dei lavoratori per la giustizia sociale, un gruppo neonazista che di recente aveva invitato proprio Marian Kotleba ad alcune sue manifestazioni.

Il populismo di «Babisconi»

Ma se a Praga la destra radicale appare pericolosa ma molto debole sul piano elettorale, non si può dire lo stesso del populismo di destra. L’uomo nuovo della politica ceca si chiama infatti Andrej Babis, un miliardario «sceso» in politica con un nuovo movimento, l’Akce nespokojených obcanu, Azione dei cittadini insoddisfatti, che ha superato il 18% dei consensi alla prima prova con il voto. Un personaggio ribattezzato dalla stampa locale come «Babisconi».
Il filo della violenza contro i rom conduce poi anche all’Ungheria dove solo di recente un tribunale è riuscito finalmente a dare un volto ai responsabili della vera e propria «strategia della tensione» che tra il 2008 e il 2009 è costata la vita a sei persone, compreso un bambino di cinque anni. Responsabili di omicidi a sangue freddo o dell’incendio notturno della case dei rom, un gruppo di giovani neonazisti provenienti dalle tifoserie razziste ma anche dagli ambienti della rediviva Guardia Magiara legata a doppio filo all’estrema destra di Jobbik, terzo partito del paese.

L’«appoggio» ungherese

In vista delle elezioni politiche che a Budapest si svolgeranno in contemporanea con le europee, il governo di destra del Fidesz, il partito di Viktor Orban che ha sempre avuto nel Cavaliere il suo modello, ha utilizzato questo processo per alzare i toni nei confronti di Jobbik, di cui ha fin qui condiviso sia gli umori razzisti che l’ipernazionalismo. Il motivo di questo cambio di strategia è da ricercarsi nei sondaggi che danno gli estremisti neri – che cercano di presentarsi in modo più moderato, puntando su un pieno sdoganamento – in forte crescita, a scapito proprio del centrodestra.
In un simile contesto regionale non possono stupire né le recenti violenze scatenate a Varsavia dai gruppi neofascisti nel giorno che ricorda l’indipendenza polacca, era accaduto lo stesso l’anno scorso, in un paese dove il populismo di destra, nella variante nazional-cattolica, è stato lungamente al potere, né il fatto che l’attuale esecutivo della Bulgaria, guidato dai socialisti, si regga per il sostegno esterno del partito xenofobo Ataka, guidato da Volen Siderov che si è fatto un nome attaccando le moschee di Sofia.