La regione nel nord ovest cinese, il Xinjiang – il cui nome significa «Nuova Frontiera» – è una regione autonoma strategicamente rilevante per Pechino: confina con otto stati – India, Pakistan, Russia, Mongolia, Kazhakistan, Afghanistan, Tagikistan e Kirghizistan – ed è ricca di risorse (gas e petrolio) fondamentali per la Cina. E’ inoltre, proprio grazie ai suoi confini, un passaggio obbligato per gli scambi commerciali verso l’Asia Centrale e l’Europa.

La popolazione che abita la regione è tradizionalmente appartenente in maggioranza all’etnia uighura, turcofona e musulmana. La regione da sempre costituisce una spina nel fianco di Pechino, poiché spesso è stata al centro di rivolte etniche e scontri con la popolazione e la polizia di etnia han, quella maggioritaria in Cina.

Nel 2009 una violenta rivolta etnica causò la morte di centinaia di persone, Urumqi e altre città della regione videro scontri continui tra uighuri e han. La regione venne blindata dal governo di Pechino, che chiuse perfino le reti di comunicazione (sia telefoniche, sia via internet). La repressione fu durissima, e culminò con arresti e condanne a morte.

La regione risente della politica cinese lanciata anni fa e denominata proprio «Go West», con lo scopo di allargare il processo industriale e legato all’urbanizzazione che ha modificato le zone del sud est del paese. Questa «sinizazzione» però, ha portato nuovi problemi, perché i cinesi han hanno preso possesso di intere città e soprattutto portato avanti i propri commerci, senza favorire l’etnia uighura. Si tratta di questioni aperte con le minoranze etniche presenti in Cina, non solo nella regione nord occidentale.

Come ha scritto il giornalista cinese Wang Dahao, cinese han nato nello Xinjiang e da sempre interessato ad esaminare le questioni identitarie in Cina, «la questione etnica è rimasta a lungo priva di una linea di pensiero e di una strategia di guida matura; di conseguenza – si legge nella traduzione di un suo articolo presente su carattericinesi.china-files.com – si sono moltiplicate e accumulate una grande quantità di contraddizioni sociali che, sotto l’influenza di diversi fattori interni ed esterni, hanno iniziato a estendersi come un contagio». L’ultimo evento che ha coinvolto un xinjianese si è avuto qualche giorno fa, nell’ambito della campagna contro i rumors on line: duecento uighuri sono finiti nell’elenco degli indagati per aver «diffuso la jihad e altre idee religiose» on line.