La pessima socialdemocrazia tedesca non smette di stupire. L’ex ministro delle finanze della grande coalizione, nonché sfidante – si fa per dire – della Merkel nelle ultime elezioni, in una intervista al Bild ha dichiarato che non bisogna dare altri miliardi alla Grecia e che ha ragione Schauble sulla uscita temporanea della Grecia dalla Ue, peraltro non prevista dai Trattati. Potrebbe essere una delle tante dichiarazioni stravaganti se non facesse presa anche in ambienti inaspettati.
Come si sa in questi giorni la Merkel ha perso molto appeal. Non è solo Habermas a criticarla duramente. Ma l’applauso oceanico ricevuto da Schauble da parte del Bundestag, mostra dove vada il pendolo delle preferenze in Germania. A quest’ultimo viene riconosciuta una maggiore coerenza e combattività nella difesa degli interessi nazionali. E’ il senso profondo ma evidente del report cosiddetto dei cinque presidenti, Tusk, Djissembloim, Draghi, Juncker e Schulz sulla riforma della Ue comparso a fine giugno, ove la fuoriuscita della Grecia e di altri paesi che non tengono il passo di una Ue a supertrazione tedesca, è vista non come un accidente ma una eventualità da favorire.
Il guaio è che la convinzione sulle buone ragioni di Schauble nel proporre una Grexit, è diffusa anche tra la sinistra nel nostro paese. Si baserebbe sull’assioma che nessuna salvezza è possibile dentro questa Europa e con questa moneta unica. Si dovrebbe farla finita con «l’europeismo del dovere essere» e assumere il rude ma realistico punto di vista di Schauble per cui per la Grecia, ma non solo, sarebbe meglio fare fagotto. Per un po’, se crede, o per sempre, meglio ancora.

Contemporaneamente si parla della necessità di adottare un piano B. Ne ha parlato Varoufakis nella ormai famosa intervista a Newstateman, salvo riconoscere che tale piano non esisteva e che comunque non c’erano le condizioni per metterlo in opera. È la sorte di molti piani B, che sulla carta sembrano affidabili, ma che trascurano, proprio perché ipotetici, il problema essenziale degli strumenti concreti per la loro implementazione, nei modi e nei tempi necessari alla loro riuscita. Tuttavia si dice piano B perché si suppone che esso sia la soluzione di riserva qualora le rivendicazioni principali, diciamo il piano A, non vadano in porto. In sindacalese si direbbe più semplicemente «il punto di caduta» oppure «la via d’uscita dall’impasse». Da questo punto di vista, pur con tutti i limiti intrinseci, un piano B va sempre pensato quando si va a discutere con avversari agguerriti per evitare di rimanere tra l’uscio e il muro.
Ma nella discussione che vedo e sento in queste ultime ore, su cui molti fondano le loro asperrime, quanto ingenerose e spesso infondate, critiche a Tsipras, la questione ha preso un’altra piega. Il piano B diventa di fatto il piano A.

Ovvero i greci avrebbero dovuto fin dall’inizio proporsi un’uscita unilaterale della Grecia dall’Eurozona. In questo quadro Schauble diventerebbe paradossalmente un potenziale alleato.
Importerebbe poco o nulla che ripetuti sondaggi indicano la preferenza del popolo greco a rimanere nell’euro. Si sa, il popolo è un po’ bue e non capisce le gioie delle varie monete collaterali e sostitutive (dibattito in sé degnissimo, ma che andrebbe fatto veramente, senza l’angoscia degli ultimatum e per un’area più ampia che non quella di un solo stato). Né è rilevante che Tsipras abbia detto che nei suoi contatti internazionali con le massime potenze, non ne ha trovata una realmente disponibile ad aiutare la Grecia in caso di fuoriuscita dall’euro. Infatti gli Usa hanno interessi geostrategici che la Grecia permanga nella Ue, mentre la Cina ne ha di tipo economico e la Russia non può largheggiare di questi tempi. Si sa, Tsipras può anche mentire. Non avrebbero peso considerazioni come quelle che sviluppa, ad esempio, Ghiorgos Anandranistakis su Avghi secondo cui uscire dalla Ue non risolverebbe i problemi nè nel breve né nel più lungo periodo, dal momento che «la parità della nuova valuta non viene unilateralmente stabilita dalla Grecia, ma viene fissata dai mercati internazionali» con conseguenze facilmente immaginabili. Né si può fare come ha detto Schauble per cui la Grecia pagherebbe i lavoratori con degli improbabili «I owe you», mentre i creditori continuerebbero a essere ripagati in Euro.
L’accordo non è bello. Il primo ad averlo detto è stato Tsipras, che ne ha denunciato i pericoli recessivi. Ma non sarebbe migliorato imbroccando la strada indicata dall’avversario. Non si può del resto tacere che questa intesa ha posto sul tavolo la questione della insostenibilità del debito greco. Può essere anche ambivalente il richiamo del Fmi sulla necessità del taglio del debito: ma in primo luogo essa spacca il fronte della Troika e questo è un merito non casuale della tenacia del governo greco. Per i greci e Syriza si apre una nuova fase. Elezioni anticipate o meno la nostra solidarietà non può venire meno. Specie per chi vuole costruire una nuova Sinistra.