L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il Commissariato per l’Energia Atomica (Cea) hanno interrotto il progetto Sox, che doveva essere realizzato presso i laboratori nazionali sotterranei del Gran Sasso. L’annullamento dell’esperimento era già stato chiesto dai comitati ambientalisti della zona per i presunti rischi connessi a una sorgente altamente radioattiva da collocare presso i laboratori e non distante dalle fonti che garantiscono acqua potabile a circa settecentomila cittadini della regione.

Ma a fermare l’esperimento ci ha pensato il centro di ricerche russo di Mayak, che doveva fornire la sorgente: i tecnici russi non sono riusciti a raggiungere la potenza di emissione necessaria all’esperimento Sox per perseguire il suo scopo. Già in dicembre l’Infn aveva comunicato ritardi nella consegna della sorgente, senza peraltro fornire altri dettagli. Cea e Infn, i principali istituti di ricerca coinvolti nel progetto, ora sono stati costretti a dare forfait.

L’ESPERIMENTO PUNTAVA a rilevare l’esistenza di una tipologia ancora ignota di neutrini, particelle elementari leggerissime prodotte nei decadimenti radioattivi. I neutrini sono individuati grazie alla schermatura naturale fornita dalla montagna contro le interferenze dovute ai raggi cosmici. Per studiare i neutrini, i ricercatori avrebbero utilizzato il cerio 144 ricavato dalle scorie nucleari prodotte in Russia e riprocessato nel laboratorio di Mayak.

SECONDO I COMITATI, la sorgente radioattiva sarebbe stata poco sicura e il rischio che materiale radioattivo contaminasse le acque del Gran Sasso era eccessivo. Negli ultimi mesi del 2017, quando l’Infn aveva iniziato i test di sicurezza per il trasporto in Italia della sorgente, i comitati sostenuti dal locale M5S avevano organizzato diverse manifestazioni di protesta. Secondo i fisici dell’Infn, invece, le norme di sicurezza erano state applicate con grande scrupolo e l’uso del cerio non avrebbe costituito alcun rischio per la popolazione. Alla fine le polemiche si sono rivelate inutili. La sorgente produce un numero di neutrini incompatibile con lo svolgimento del progetto e la soluzione proposta dai russi non ha alternative praticabili.

L’interruzione di Sox ha mandato in fumo sei milioni di euro di finanziamenti europei e anni di ricerche che avevano impegnato ricercatori in istituti di ricerca di tutto il mondo. Secondo il direttore del progetto Marco Pallavicini, «è un duro colpo per me e per i tanti, soprattutto giovani, che ci credevano e che hanno lavorato con grande impegno per portare Sox a realizzazione». Le prime vittime del fallimento sono infatti le ricercatrici e i ricercatori che, dopo anni spesi in condizioni di grande precarietà, rimarranno a corto di risultati e prospettive professionali.