Il M5S entra in una fase nuova. Tra mezzogiorno di giovedì e la stessa ora di venerdì hanno votato in 48.975 (su circa 115 mila iscritti).

Meno della maggioranza assoluta degli aventi diritto, ma più dell’affluenza media alle consultazioni sulla piattaforma Rousseau.

Il quesito che proponeva di cancellare il vincolo dei due mandati per i consiglieri comunali ha raccolto poco più dell’80% dei consensi.

Meno netto il voto che ha aperto alla possibilità di alleanze con i vecchi partiti per le elezioni amministrative: è stato approvato dal 59,9% degli iscritti. Dunque, il M5S da oggi rivede due dei suoi tratti identitari, legati al rifiuto del lavoro nelle istituzioni elettive come professione e al rigetto di ogni accordo con gli esponenti della politica tradizionale. L’innovazione vale solo per le elezioni amministrative, ma mina un caposaldo che pareva irremovibile.

AD UN PRIMO SGUARDO, tutti si dicono soddisfatti. Esulta Davide Casaleggio, che fino all’altro giorno aveva ribadito la necessità del tetto del doppio mandato ma che oggi può rivendicare la centralità della sua piattaforma telematica nella vita interna del M5S. Si dice soddisfatto Luigi Di Maio, che ritiene di non dover più passare dalla mediazione di Giuseppe Conte per parlare con il Pd. Cantano vittoria i grillini che si considerano più fedeli al presidente del consiglio, che ormai considerano sdoganata la maggioranza di governo anche su scala locale. Esultano i dissidenti che non hanno mai digerito l’alleanza con il Pd, che ingoiano il rospo del via libera agli accordi con i partiti ma vedono di buon occhio l’affermazione di una figura al di là degli schieramenti interni come quella di Raggi.

LA SINDACA DI ROMA ha innescato questo processo ed è indiscutibilmente protagonista della giornata. La sua figura racchiude l’ambivalenza e il paradosso dei quesiti messi ai voti. Letti dalla prospettiva del Campidoglio, infatti, i due pronunciamenti suonano contraddittori: da una parte si autorizza la corsa in solitaria (e contro il Pd) del M5S nella capitale del paese, dall’altra si dà il via libera a percorsi amministrativi più strutturati con le forze che compongono la maggioranza in parlamento. Raggi saluta l’esito del voto digitale con toni da campagna elettorale: «Mi ricandido. Uniti vinceremo le sfide che ci attendono». Ma ha dovuto incassare il dissenso di Luca Bergamo, il suo vice a Palazzo Senatorio, che ha detto esplicitamente di considerare un errore la sua ricandidatura a prescindere, senza un confronto con il centrosinistra. D’altra parte, nel M5S romano continua ad agitarsi la fronda che nei giorni scorsi ha trovato voce in alcuni eletti di primo piano. Nelle chat circola l’idea di un’assemblea aperta ai «traditi» dalla sindaca, da tenersi nel mese di settembre.

Di Maio prova a tenere insieme la posizione della sindaca e quella dei candidati grillini che andranno in coalizione con il Pd: «Un grande in bocca al lupo a Virginia Raggi per la sua ricandidatura e buona fortuna a tutti i candidati sindaco che saranno a capo di coalizioni politiche. Da oggi inizia una nuova era per il M5S».

DAVIDE CASALEGGIO esalta il ruolo di Rousseau sostenendo che «il vero organo collegiale decisionale del movimento sono sempre stati gli iscritti ed è sempre stata la grande differenza dalle altre forze politiche». Prima di lui, il presidente della camera Roberto Fico si era espresso a consultazione ancora in corso, invitando ad esprimere un doppio sì: «Siamo cambiati in questi anni e continueremo a farlo, misurandoci con la realtà che evolve. Questo significa sapersi mettere in discussione, maturare, crescere, imparare dagli errori fatti e scrivere nuove pagine».

MA NON SONO MANCATE le voci di dissenso che invocano la convocazione degli Stati generali. Dopo l’uscita dei giorni scorsi, pesante del sottosegretario Stefano Buffagni, arrivano quelle del parlamentare europeo Ignazio Corrao, che fa sapere di non aver partecipato al voto sulla piattaforma. «Una cosa così importante non poteva e non doveva passare per un fugace voto di Ferragosto, di quelli che tanto sbeffeggiavamo dai nostri palchi – dice Corrao – Andava discussa in modo adeguato e approfondito in un congresso, lavorandoci col tempo dovuto».

Il presidente della commissione affari costituzionali della camera Giuseppe Brescia rilancia l’appello del blog grillino «Parole guerriere» che conferma la tensione interna sugli organi decisionali. «Le riforme fatte con il metodo delle ‘pezze alla bisogna’ rischiano di essere peggiori del buco – sostiene il documento – La prossima tappa deve essere quella degli Stati generali, da organizzare con metodo democratico».