Sullo sfondo della crisi ucraina e del sempre più stretto avvicinarsi della Nato ai confini russi; in uno scenario che vede il Cremlino cercare nuove relazioni economiche e politiche a oriente, Mosca ha reso nota ieri la sua nuova dottrina militare, che sostituisce il precedente documento del 2010.
Il nuovo testo, constatando la crescente minaccia per la sicurezza russa rappresentata dalla «espansione del potenziale militare della Nato verso i confini russi», conferma le condizioni del possibile ricorso alle armi nucleari in risposta all’uso di armi, atomiche o meno, contro Mosca.
Viene considerata una «minaccia per la Russia» l’attribuzione all’Alleanza atlantica di «funzioni globali, conferite in violazione delle norme del diritto internazionale». Minacce esterne sono considerate, insieme alla creazione e al dispiegamento del sistema strategico di difesa antimissilistica (Pro) – «rompe la stabilità globale e infrange i rapporti di forza fin qui determinatisi nella sfera missilistico-nucleare» – anche il «concetto di “attacco globale”; l’intenzione di dislocare armi nello spazio; il dislocamento di sistemi d’arma strategici di precisione non atomici».
La nuova dottrina, mentre ammette la creazione di sistemi di difesa antimissilistica in accordo con altri paesi, riserva però un posto particolare alla inammissibilità di un conflitto atomico, senza escludere il diritto a un colpo di risposta in caso di attacco nucleare, ma respingendo ogni ipotesi di «attacco preventivo».
Un’influenza diretta della crisi ucraina e della situazione ai confini meridionali sembra esercitarsi sul punto che definisce «minacce esterne» tutta una serie di momenti di tensione e di guerra aperta. Così, «la presenza di focolai di tensione interetnici e interconfessionali, l’attività di formazioni radicali armate internazionali, delle compagnie militari private straniere nella zone adiacenti ai confini della Russia e alle frontiere dei suoi alleati, come pure le dispute territoriali e la crescita del separatismo e dell’estremismo in alcune aree del mondo».
Altre novità del documento sono rappresentate dai compiti assegnati alle forze armate per la difesa degli interessi nazionali nell’Artico in tempo di pace e dalla determinazione delle minacce interne, quali le attività volte a destabilizzare la situazione nel paese.
E’ difficile non vedere in ciò un ammiccamento a quanto ripetuto da mesi, anche riguardo alle “rivoluzioni colorate” e alle sanzioni, secondo Mosca tese a un vero e proprio cambio di regime. Tanto più che, subito dopo, si rivolge l’attenzione a quelle attività (evidentemente straniere) di influenza della popolazione, in particolare dei giovani, per «minare le tradizioni storiche, spirituali e patriottiche di difesa della Patria, provocare tensioni sociali e interetniche, l’estremismo e il rinfocolamento dell’odio etnico e nazionale».
Il documento vede la luce contemporaneamente ad alcune dichiarazioni rilasciate a Kommersant dal Ministro degli esteri Sergej Lavrov che, ad esempio, riguardo alle sanzioni, afferma che «fino ad ora, quando l’Onu adottava misure coercitive, i nostri partner occidentali sono sempre stati i primi a voler evitare qualsiasi effetto negativo sulla popolazione. Nei confronti della Russia è stata scelta una logica diametralmente opposta. Viene dichiarato pubblicamente che le sanzioni sono chiamate ad arrecare un danno inaccettabile all’economia russa, affinché il popolo senta quanto male vive sotto l’attuale regime».
Sempre ieri due sommergibili atomici lanciamissili della classe “Borea”, i “Vladimir Monomakh” e “Aleksandr Nevskij”, hanno lasciato i cantieri di Severodvinsk alla volta della base della flotta del nord, dove stazioneranno fono alla prossima primavera, allorché andranno a raggiungere la flotta del Pacifico. Tutti i battelli della classe “Borea” portano missili intercontinentali “Bulavà”