La Commissione europea si è detta “preoccupata” per i possibili effetti che il programma Prism di sorveglianza elettronica della Nsa puo’ aver avuto sui cittadini dell’Unione europea. E ieri ha chiesto “un chiaro impegno” agli Usa sulla protezione dei dati raccolti sui cittadini dei 27 paesi Ue. In altri termini, anche dei cittadini europei sono finiti sotto il controllo della Nsa, in barba alle maggiori protezioni della privacy che esistono in Europa rispetto agli Usa. Bruxelles era stata altrettanta preoccupata nel 2000, quando c’erano state le prime rivelazioni sugli effetti del programma Echelon, un sistema di controllo delle telecom. Ma da allora la Commissione e il Consiglio hanno fatto molto poco per difendersi. Nel 2010 c’è stato un accordo con gli Usa per regolare e limitare un po’ l’accesso degli americani ai dati Swift (sui flussi finanziari), e nel 2012 c’è stato un accordo su una lista ridotta dei dati che gli europei devono dare alle autorità statunitensi per entrare negli Usa o anche solo sorvolarne il territorio, dopo nove anni di braccio di ferro tra le due sponde dell’Atlantico. Per il momento, pero’, i cittadini europei non hanno neppure ottenuto il diritto che hanno invece i cittadini americani residenti in Europa di far correggere dalle autorità di Washington gli eventuali dati errati che sarebbero conservati dai servizi di spionaggio.

Due paesi sono in prima linea nel caso attuale dello spionaggio Nsa: la Gran Bretagna e l’Austria. Il governo di Cameron ha dovuto difendersi dall’aver ottenuto delle informazioni dal sistema Prism, raccolte in un modo che resta illegale in Gran Bretagna, cioè di aver spiato dei cittadini britannici facendo ricorso ai metodi sbrigativi della Nsa, che da sei anni entra nelle mail, nei twitter, nelle reti sociali e nei computer di chiunque per raccogliere dati privati in nome della guerra al terrorismo. Il ministro degli esteri, William Hague, ha ammesso di fronte al parlamento lunedi’, che “dagli anni ’40, la Nsa e il Gchq (il centro dei servizi segreti britannico), hanno una relazione unica al mondo”. Ma Hague ha affermato che “i rapporti secondo i quali la Gran Bretagna avrebbe potuto utilizzare Prism per ottenere informazioni aggirando la leggi britanniche sono senza fondamento”. Per David Cameron, i servizi segretati britannici “operano nel quadro della legge”. L’altro paese nella bufera è l’Austria, considerato a Bruxelles il “cavallo di Troia” dello spionaggio Usa nell’Unione europea. Vienna è l’unico paese della Ue ad aver concesso a Washington il diritto di spulciare i propri dati di polizia, dalle impronte digitali dei cittadini austriaci fino al Dna. Bruxelles ritiene che l’Austria “non sia stata molto leale” con i partner, nella conclusione di una serie di accordi bilaterali con gli Usa, firmati tra il 2000 e il 2008 dalla coalizione al potere tra destra ed estrema destra e confermati poi dall’attuale governo (coalizione destra e sinistra). Ma il governo di Vienna si difende e nega di aver infranto la Costituzione del proprio paese, collaborando con i metodi illegali della Nsa.

I metodi della Nsa sollevano perplessità in Europa non tanto perché Bruxelles sia all’avanguardia nella difesa della privacy, ma soprattutto perché, dietro la scusa della lotta al terrorismo, alcuni stati sospettano che ci sia anche dello spionaggio industriale, sospetto che già esisteva ai tempi di Echelon e che prende corpo ora a partire dal fatto che la più spiata in Europa è stata la Germania, il paese economicamente più interessante. In Francia Hollande ha promesso un rafforzamento del controllo parlamentare, ma con la scusa della lotta al terrorismo telefoni e computer di cittadini sono messi sotto controllo, mentre i legami sono stretti con i servizi anglo-sassoni.

Ieri, anche la Svizzera ha chiesto “chiarimenti” a Washington. Il governo della Confederazione vuole sapere se è confermata l’affermazione di Edward Snowden secondo la quale un banchiere di Ginevra sarebbe stato preso in trappola dalla Cia. Da due anni, gli usa fanno pressioni sulla Svizzera per ottenere i nomi dei cittadini americani che hanno un conto nella Confederazione non dichiarato al fisco Usa. Entro fine mese avrebbe dovuto esserci una legge in Svizzera per permettere maggiore trasparenza, ma adesso Berna chiede “maggiori informazioni” a Washington prima di legiferare.