Un buon discorso quello di Ursula Von Der Leyen sullo Stato dell’Unione. I propositi appaiono ingenti, ambiziosi e meritano un incoraggiamento da parte di tutto il sistema politico.

La Presidente della Commissione Europea ha parlato di investire il 20% di Next Generation EU per il digitale. Ha, inoltre, annunciato la creazione di un cloud europeo per la gestione dei dati, puntando sullo sviluppo di 5G, 6G e fibra di vetro, affrontando così un argomento importantissimo come la sovranità digitale dell’Europa. Un tema che potrebbe accelerare anche in Italia la discussione sulla rete unica e il ruolo del pubblico. Il digitale e le infrastrutture immateriali hanno a che vedere con la sicurezza, la privacy, la telemedicina, la formazione, la tutela del territorio e tanto altro ancora.

La Presidente ha anche posto l’accento su modello sanitario e ricerca scientifica a partire dal vaccino per la prevenzione di Covid-19. Non basta infatti soltanto trovarlo, ma è necessario che tutti possano averne accesso. Ha spiegato in maniera netta come il nazionalismo del vaccino mette a rischio le vite e che solo la cooperazione può salvarle. Da ultimo, su questo tema ha annunciato un vertice da tenere nel nostro Paese il prossimo anno: “Col presidente del consiglio Giuseppe Conte e la presidenza italiana del G20 organizzeremo un vertice globale sulla sanità, in Italia, per dimostrare che l’Europa c’è per proteggerei cittadini”.

Una presa di posizione fortissima di attenzione all’Italia. Il suo discorso ha posto l’accento sulla necessità di correre sul salario minimo europeo, tema strategico che rilancia anche a livello continentale la questione del reddito universale. Salario minimo e reddito universale come leve complementari per arginare lo sfruttamento, il lavoro povero e quello semi schiavistico.

Eppure dal mio punto di vista la parte più rilevante del discorso è quella in cui Von der Leyen ha sottolineato le implicazioni del piano per la ripresa economica relative alla transizione ecologica. «La missione del Green Deal comporta molto di più che un taglio di emissioni, si tratta di creare un mondo più forte in cui vivere. Dobbiamo cambiare il modo in cui trattiamo la natura. È per questo che il 37% di Next Generation EU sarà speso per i nostri obiettivi del Green deal». Il Green deal è il punto centrale della trasformazione del modello di sviluppo, l’Europa vuole diventare il primo continente neutro dal punto di vista del clima entro il 2050.

Soprattutto la Commissione rivedrà i target climatici, proponendo di ridurre le emissioni nocive di almeno il 55% entro il 2030. Nel perimetro degli utilizzi possibili green del Recovery la Presidente ha inoltre sottolineato come un ambito auspicabile sia quello degli edifici in cui lavoriamo e viviamo, che oggi rappresentano il 40% delle emissioni inquinanti.

Trovo che questo passaggio segni un punto di avanzamento cruciale per le molteplici implicazioni che introduce nel novero dei ragionamenti e delle operazioni possibili sulla transizione ecologica. Si pensi, ad esempio, che l’intero patrimonio nazionale di edilizia residenziale pubblica italiano è stato costruito per lo più in un lasso di tempo che varia fra i 60 e i 120 anni fa. Parliamo di circa 1 milione di case dove vivono, spesso in condizione di difficoltà, circa 3 milioni di persone.

Sarebbe una piccola rivoluzione partire dal basso, da chi sta peggio, dalle nostre periferie, e varare un grande programma di rigenerazione, messa in sicurezza, efficientamento e laddove necessario abbattimento e ricostruzione con la normativa vigente (near zero emission building) senza consumare ulteriore suolo.

Partire dalle case popolari e, poi, dedicarsi alla riprogettazione agli edifici pubblici con particolare attenzione alle scuole di ogni ordine e grado sarebbe un segnale importantissimo. Se il governo italiano cogliesse questa spinta inserendo immediatamente nel Piano nazionale del Recovery cose che riguardano la vita delle persone, la cura che mettiamo sulla qualità dell’abitare e la rigenerazione degli spazi pubblici stupiremmo tutti coloro che guardano alla politica con diffidenza e disincanto.

Se, per una volta, in cima ai nostri progetti non ci saranno le grandi corporation e le grandi opere, ma ci saranno davvero gli interessi diffusi dei cittadini, la qualità del loro abitare, come si muovono, il nutrirsi, il curarsi, come si formano avremo scritto la prima pagina di nuova storia fatta di presa in carico, cura e manutenzione.

La novità di queste ore è che questa possibilità esiste. Sta a noi crederci e realizzarla con coraggio e determinazione.