Assume contorni sempre più inquietanti ciò che è accaduto nella notte tra mercoledì e giovedì a poche centinaia di metri dal casello autostradale dell’A1. Qui i reparti della polizia mobile, secondo diversi racconti, testimonianze, foto e video raccolti dalla pagina Sosteniamo La Curva, avrebbero fermato un pullman di tifosi atalantini di ritorno dalla trasferta di Coppa Italia di Firenze e, una volta saliti, avrebbero malmenato i suoi occupanti senza alcuna ragione. Tanto che un dirigente del Silp ci dice che, se le cose sono realmente andate così, si è trattato di «un agguato inspiegabile» e si augura «sia presto fatta luce su quanto successo».

LE PRIME VERSIONI della polizia raccontavano di un assalto ordito dai tifosi, che avrebbero indossato i passamontagna e costretto l’autista a fermarsi e aprire le porte, per scendere in strada e sfidare la polizia con mazze e bastoni. E di un agente che, salito sul bus, sarebbe stato chiuso dentro e malmenato. Mentre fin da subito i tifosi avevano risposto che erano state le forze dell’ordine a fermare senza motivo il primo pullman della carovana, quello su cui viaggiava il «direttorio» della Curva Nord atalantina, salire e, dopo una serie di provocazioni, menare le mani e picchiare con i manganelli. Versione che si è fatta sempre più consistente, tanto da spingere diversi politici, tra cui il sindaco di Bergamo del Pd Giorgio Gori e il deputato leghista e tifoso atalantino Daniele Belotti, che venerdì prossimo incontreranno il questore di Firenze, a chiedere di aprire un’inchiesta al ministro degli Interni, di solito molto ciarliero nel caso si è limitato a un laconico: «Stiamo facendo le verifiche del caso».
Il racconto dei tifosi, che sottolineano come né prima né durante né dopo la partita ci sia stato alcun attrito con la tifoseria avversaria o con le forze dell’ordine, è confermato anche da Federico Riva. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto l’avvocato, che nel frattempo sta raccogliendo i referti medici dei tifosi con prognosi che vanno da due a trenta giorni, ha detto di avere visto la polizia fermare il primo pullman per poi costringere quelli dietro, tra cui quello su cui si trovava, a spostarsi sulla corsia di sorpasso per continuare la marcia. E anche i due autisti, tra cui il titolare della ditta World Travel, interrogati dalla Digos il giorno dopo, hanno confermato come sia stata la polizia a ordinargli di fermarsi e abbia poi «sfasciato» la porta, per salire e «dare manganellate». Il tutto senza alcun motivo apparente. È questo l’aspetto più preoccupante, sembra non esserci stato neppure un casus belli.

ALTRO DETTAGLIO curioso è che la polizia elenca dei reati anche gravi, ma si è limitata alle denunce senza effettuare alcun arresto in flagranza. E alla fine le temibili armi improprie si sono rivelate essere aste in plastica per le bandiere.
Se i tifosi hanno accusato la polizia di provocazioni e insulti, da «stasera ci divertiamo» a «preferite finire in galera o in ospedale?», prima di ricevere «schiaffi, calci, manganellate in testa, pugni e ginocchiate nei genitali e in pancia», l’avvocato Riva ha poi raccontato come, una volta ricevute per telefono le richieste di aiuto e aver chiesto di fermare il secondo bus per scendere a vedere, gli sia stato negato il diritto di difesa. Qualificatosi come legale, è stato allontanato e circondato da carabinieri per impedirgli di assistere a quanto stava accadendo. Se deve essere accertato il prima possibile quanto accaduto, e la filiera di comando della gestione, per ora si può dire che nulla c’entra Salvini, va tolto dalla fotografia perché si rischia di farne un mostruoso deus ex machina cui attribuire ogni colpa o merito. Non è così.

ANZI, ORA il ministro si trova in difficoltà, sia con la polizia che dovrebbe rappresentare sia con gli ultras cui vorrebbe appartenere. Non si è nemmeno trattato di uno scontro come tanti ne accadono dentro e fuori gli stadi, gli ultras il conflitto in qualche caso se lo rivendicano, anche solo privatamente. Questa volta no, tutte le persone sentite dal manifesto raccontano di un attacco a freddo, senza motivo. «La domanda che ci facciamo è perché? – dice uno di loro – Non riusciamo a darci una risposta, se non che come curva da anni portiamo avanti battaglie contro la repressione e la tessera del tifoso, e probabilmente abbiamo pagato per quello. Non c’è altro motivo. Vogliamo verità e giustizia, qualcuno ci deve spiegare perché è successo».