Tra il 2004 e il 2020 gli italiani che negano l’Olocausto sono passati dal 2,7 al 15,6%. Parallelamente, la convinzione che gli stranieri ci tolgano il lavoro, rispetto a dieci anni fa, è cresciuta dal 24,8% al 35,2% mentre la percentuale di chi vede negli immigrati una minaccia all’identità nazionale è aumentata dal 29,9% al 33%. Sono i numeri contenuti nel rapporto «Italia 2020» presentato ieri dall’Eurispes. Per l’istituto di ricerca siamo «un paese che galleggia» con una popolazione che «si è adattata allo stato di perenne crisi, che brucia ricchezza e risparmi», un paese «incattivito» che guarda con diffidenza gli stranieri e, con più frequenza, giustifica razzismo e antisemitismo. «È nefasto ritenere che si possa riprendere un accettabile assetto di navigazione grazie alla vittoria di una minoranza sull’altra, e ‘senza fare prigionieri’ – ha spiegato il presidente Gian Maria Fara -. La politica bellicista sa distruggere ma non ricostruire».

I PREGIUDIZI ANTISEMITI si stanno diffondendo: il 16,1% degli italiani sminuisce la portata della Shoah, il 15,6% la nega. L’affermazione secondo la quale gli ebrei controllerebbero il potere economico e finanziario trova consenso nel 23,9% della popolazione. Per il 61,7% i recenti episodi di antisemitismo sono casi isolati e non rappresentano un problema. Il 60,6%, però, ritiene che siano la conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Sono soprattutto i più giovani a non considerarli atti isolati mentre dai 35 anni in su vengono derubricati a bravate. Inoltre, il 19,8% ritiene che «Mussolini sia stato un grande leader che ha commesso qualche sbaglio»; il 14,3% ritiene che «gli italiani amano le personalità forti» e che «siamo un popolo di destra».

CAPITOLO MIGRANTI: per il 77,2% vengono sfruttati dai datori di lavoro ma gli italiani sono anche convinti che ci tolgano il lavoro. Il 38,3% pensa che provochino l’aumento delle malattie. Crolla di 17 punti la posizione secondo la quale gli stranieri portano un arricchimento culturale (dal 59,1% al 42%), diminuisce dal 60,4 al 46,9% la convinzione che contribuiscano alla crescita economica. Un decimo trova gli immigrati ostili (10,1%), l’8,1% li trova insopportabili. Secondo il 45,7% un atteggiamento di diffidenza nei confronti degli immigrati è «giustificabile solo in alcuni casi». Per il 17,1% (più 6,7% rispetto al 2010) è condivisibile «guardarli con diffidenza».

PER CONTRASTARE l’immigrazione clandestina, il 26,2% ritiene che il governo dovrebbe erogare aiuti ai paesi di provenienza (più 7,7% rispetto a dieci anni fa), il 24% (a fronte del 33,6% del 2010) ritiene che il governo dovrebbe inasprire i controlli alle frontiere; per il 16% la priorità è agevolare la regolarizzazione dei clandestini (nel 2010 era il 25,5%). Rispetto al 2010, sono diminuiti gli italiani favorevoli allo ius soli (dal 60,3% al 50%) e sono aumentati i sostenitori dello ius sanguinis (dal 10,7% al 33,5%). In calo coloro che auspicano lo ius culturae cioè la cittadinanza per chi è nato qui purché educato in scuole italiane (dal 21,3% al 16,5%).

«GLI IMMIGRATI REGOLARI in Italia sono circa 5,2 milioni, pari all’8,7% della popolazione, e gli irregolari circa 500mila – ricorda Fara -. Producono il 9% del Pil, circa 139 miliardi di euro annui. Il denaro che spediscono ai loro familiari (6,2 miliardi annui) è molto più importante di quanto l’Italia destina agli aiuti internazionali. Le loro imprese (oltre 700mila) assumono centinaia di migliaia di italiani. Versano 14 miliardi annui di contributi sociali e ne ricevono solo 7: i loro contributi ci permettono di pagare oltre 600mila pensioni».

INFINE, GLI SBARCHI NEL 2019 sono calati del 50,4% rispetto al 2018 ma la copertura mediatica è stata da record, «accreditando la rappresentazione di un’emergenza». Dal 2018 è la politica a presidiare il tema immigrazione: «La viva voce dei suoi esponenti è risultata centrale nel 38% dei servizi del prime time (48% per i tg Rai e 24% su Mediaset)». Il risultato è che il 30,4% giudica la propria città come poco o per niente sicura. Infine, gli italiani si fidano sempre meno della politica, del governo e del parlamento, preferendo le forze armate e le forze dell’ordine. «Il linguaggio di odio e razzismo – sottolinea il ministro del Lavoro, Stefano Patuanelli – non è sconnesso né dai crescenti episodi razzisti né dal crollo della consapevolezza di ciò che avvenne nei lager nazisti». E la collega all’Istruzione, Lucia Azzolina: «Sono dati che spaventano. La scelta di potenziare lo studio della Storia è quanto mai necessaria».