Con i 318 decessi registrati ieri è stata raggiunta la soglia delle centomila vittime di Covid-19 dall’inizio della pandemia. Equivale a 261 vittime al giorno in media, quasi ottomila al mese.

Per valutare l’entità del dato, è utile sapere che l’influenza uccide direttamente circa 500 persone ogni anno. Anche aggiungendo le persone che muoiono di complicanze legate all’influenza, i decessi stimati sono 5-10 mila. L’Italia è il sesto paese al mondo a varcare questa soglia, dopo Usa, Brasile, Messico, India e Regno unito.

MA LA CIFRA TONDA è un simbolo e poco più. Il conto dei morti di Covid-19 ha superato quota centomila già molte settimane fa, in realtà. I numeri ufficiali, infatti, non tengono conto del fatto che moltissime persone si sono ammalate di Covid-19 senza avere accesso a un test diagnostico.

PER QUESTO GLI ESPERTI ora danno più importanza al cosiddetto «eccesso di mortalità», cioè al numero di vittime in più registrate nel 2020 rispetto agli ultimi 5 anni. Per valutarlo, gli epidemiologi dell’Istituto Superiore di Sanità e i demografi dell’Istat hanno costituito un gruppo di lavoro congiunto per analizzare l’impatto dell’epidemia non solo attraverso i dati lacunosi della sorveglianza sanitaria regionale.

Il quinto rapporto del gruppo di lavoro Iss/Istat è stato pubblicato quattro giorni fa e rivela molti numeri interessanti. Nelle 25 pagine dello studio si scopre che tra marzo e dicembre 2020 si sono registrati 108 mila decessi in più dell’anno scorso, in massima parte da attribuire al Covid-19. È probabile, dunque, che la cifra simbolica delle centomila vittime sia stata raggiunta già a metà dicembre.

La discrepanza tra le vittime ufficiali e reali si riferisce quasi del tutto alla prima ondata, quella che ha colpito un’area limitata del paese – soprattutto il nord-ovest – ricadendo in modo violentissimo sui sistemi sanitari di poche regioni. L’urto ha mandato in tilt Asl e ospedali rendendo impossibile persino il monitoraggio numerico dell’epidemia frenata solo da uno dei lockdown più rigidi al mondo.

SECONDO L’ISTAT, dal bilancio ufficiale di 34 mila vittime di Covid-19 nel periodo compreso marzo-maggio 2020 manca un terzo dei 51 mila morti in più registrati complessivamente rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti. In Lombardia, in quel lasso di tempo è morto oltre il doppio delle persone rispetto a un anno prima. In alcuni comuni del bergamasco ormai noti a livello internazionale, come Nembro o Alzano Lombardo, da un anno all’altro la mortalità dei mesi di marzo e aprile 2020 è stata dieci volte superiore a quella di un anno prima. Nel resto dell’Italia, la prima ondata ha causato aumenti della mortalità molto più contenuti: +8,1% nel centro, +5,1% nel sud.

Nel periodo ottobre-dicembre in cui si è concentrata la seconda ondata, il monitoraggio sanitario ha restituito un’immagine più fedele dell’impatto reale del Covid-19: il numero ufficiale di vittime (40 mila) è più vicino all’eccesso di mortalità complessiva nello stesso periodo (+52 mila morti). Anche nella seconda ondata l’urto dell’epidemia è stato più violento nel nord-Italia, dove le morti sono aumentate del 40%. Ma anche nel centro (+24%) e nel sud (+26%) il tributo di vite umane è stato assai pesante.

SE L’ECCESSO DI MORTALITÀ offre un quadro più realistico dell’effetto dell’epidemia, sarebbe però sbagliato attribuire direttamente al Covid-19 ogni decesso in più registrato nel 2020. L’impatto indiretto della pandemia sulle altre patologie, infatti, è ancora in gran parte inesplorato. Gli ospedali e le Asl oberate dai casi Covid-19 hanno dovuto rimandare le terapie meno urgenti e le attività di prevenzione. Le conseguenze sanitarie di questi ritardi saranno spalmate negli anni, diventando meno visibili ma non meno sostanziali. Inoltre, sul bilancio del Covid-19 ha pesato anche il suo impatto psicologico. Diverse ricerche a campione sui pronto soccorso ospedalieri hanno svelato come molte persone abbiamo ritardato l’accesso alle strutture di emergenza per il timore di infettarsi, rinunciando alle cure per patologie letali se non affrontate tempestivamente come quelle cardiache.

D’ALTRO CANTO, il distanziamento sociale e i lockdown hanno diminuito l’impatto di altre cause di morte, come l’influenza e gli incidenti. Già nel mese di gennaio 2021 questi effetti benefici hanno parzialmente compensato l’aumento dei morti dovuto alla pandemia. Nonostante i 12 mila decessi ufficiali per Covid-19, i morti in più rispetto allo stesso mese del 2020 (particolarmente benigno) sono stati 8.500. Rispetto al periodo 2015-2019, invece, l’eccesso di mortalità è stimato a soli duemila decessi in più.