Nella sede del Commitee Against Torture avevamo da pochi minuti iniziato a discutere di quanto fosse difficile essere attivisti per i diritti umani a Nižnij Novgorod. In quella regione, a 400 km da Mosca, la polizia ha fama di essere repressiva e poco conciliante. Proprio in quel momento quattro agenti irrompevano nella stanza e, presentando una fantomatica lettera di denuncia di un cittadino russo che segnalava «sospette presenze di stranieri» sul loro territorio, ci poneva in stato di fermo e invitava a seguirli in commissariato. Ne sono seguite 10 ore di interrogatori e frenetici contatti con l’Ambasciata italiana a Mosca. Anche grazie al supporto degli attivisti russi che hanno preso le nostre difese, il fermo si è concluso verso la mezzanotte con una multa di pochi rubli.

Ma lo scopo dell’operazione muscolare, probabilmente pianificata con un certo anticipo (il controllo è stato svolto da funzionari venuti con un pulmino che aveva esattamente i posti necessari per portarci alla stazione di polizia, raggiunti in pochi minuti da una cortese e competente interprete), non era accertare la nostra presunta violazione delle regole di ingresso in Russia, avvenuta nei fatti su suggerimento e d’accordo con la stessa autorità consolare russa. Le vittime di questo incidente insomma non siamo stati solo noi, ma quelle organizzazioni della società civile che non a caso ci sono state vicine in quelle ore.

Dal 2015 Antigone fa parte dell’EU-Russia Civil Society Forum, una piattaforma internazionale nata per favorire i rapporti tra le organizzazioni della società civile di Russia ed Europa. In questo ambito abbiamo stretto contatti soprattutto con organizzazioni che in Russia, come Antigone in Italia, svolgono attività di monitoraggio dei luoghi di detenzione. Colleghi russi sono venuti in Italia nel luglio del 2016, per conoscere il nostro lavoro, e ci hanno invitato in Russia per fare lo stesso.

Dal 25 al 28 giugno, in quanto attivisti di Antigone, A buon diritto ed Arcigay abbiamo svolto una visita in Russia per incontrare alcune organizzazioni della società civile e conoscere meglio il loro lavoro. La missione si è conclusa con l’irruzione della polizia e il nostro fermo. Ora, a mente fredda, smaltito lo stress e archiviata l’amarezza per aver dovuto bruscamente interrompere la nostra missione in Russia, ai fatti occorre dare la corretta interpretazione.

Da qualche anno l’entusiasmo per la cultura dei diritti umani che aveva travolto la Russia dopo la caduta del regime sovietico è decisamente venuta meno. In particolare dal secondo mandato di Putin (2004), ed ancor più col suo ritorno alla presidenza nel 2012, sono state introdotte molte misure che limitano i diritti fondamentali. Tra queste probabilmente quella dagli effetti più capillari è stata la legge sui cosiddetti foreign agent, che ha equiparato le Ong che ricevono finanziamenti dall’estero, inclusa la Commissione Europea o le grandi fondazioni che sostengono i diritti umani in tutto il mondo, ad agenti che operano per lo straniero, imponendo per loro innumerevoli vincoli e restrizioni. Il risultato è stato una maggiore dipendenza delle Ong dai finanziamenti governativi, e dunque una loro minore indipendenza, ma anche un loro crescente isolamento dal resto della società civile occidentale, soprattutto europea.

I difensori dei diritti umani in Russia sono sotto assedio. Ostacolati da misure burocratiche asfissianti e pretestuose, in un contesto in cui il controllo governativo dei media è sempre più pervasivo ed i giornalisti indipendenti rischiano letteralmente la vita, si trovano a combattere contro una situazione in cui le violazioni dei diritti umani sono massicce e tutt’altro che in calo.

In questo contesto è fondamentale per la società civile russa sentire l’attenzione, il sostegno e la vicinanza dell’Europa, e sono questo sostegno e questa vicinanza che attraverso di noi si sono voluti colpire. Da oggi le Ong italiane ed europee devono sapere che durante le loro visite di scambio in Russia qualcosa potrebbe anche non andare come previsto. Messaggio ricevuto.

Dal canto nostro noi ricordiamo a tutti che la Russia è un Paese straordinario, pieno di persone che conducono battaglie coraggiose per l’avanzamento di una cultura dei diritti umani che non è né nostra né loro, ma che probabilmente rappresenta il patrimonio più prezioso che lo scorso secolo ha lasciato a tutti noi. A quelle persone va anzitutto il nostro affetto ed il nostro ringraziamento per le loro battaglie, che sono anche le nostre. E la promessa che il nostro sostegno e la nostra vicinanza non verranno mai meno.

*attivisti di Antigone, Arcigay e A buon diritto