C’è un equivoco di fondo nella lettura che molti amici e amiche di sinistra, non ultime Elly Schlein e Serena Pellegrino, hanno della scelta fatta ormai molti mesi fa, di organizzare in Italia per le elezioni europee di maggio una lista ecologista e femminista, aperta a tutti coloro che, a partire dai Verdi italiani sostengono l’idea che la priorità oggi è la lotta ai cambiamenti climatici e il Green New Deal lanciato dai Verdi europei nel 2009. Una lista che è di per sé progressista perché attenta ai temi della giustizia sociale che non sono mai troppo lontani da quelli della giustizia ambientale, ed europeista perché ha l’Ue come orizzonte nel quale è necessario agire e che ha i Verdi europei come punto di riferimento al Parlamento europeo.

L’equivoco è quello di considerare che ci si stia muovendo solo nello stesso spazio di una lista di “sinistra” e che si finisca per elidersi a vicenda, soprattutto considerando l’iniqua quota di sbarramento del 4% in vigore in Italia. Penso che questa sia una visione poco fiduciosa del fatto che l’ecologia politica possa in Italia, come avviene nel resto d’Europa, essere in grado di raccogliere consenso e mobilitazione.

Inoltre non c’è stato alcun rifiuto di dialogo. Anzi. Proprio perché abbiamo cercato fino alla fine convergenze siamo arrivati più tardi di quanto avessimo sperato a consolidare la nostra proposta elettorale, non a caso, proprio con i primi che avevamo contattato, e cioè gli amici di Possibile. Nessuno fra noi pensa di avere in mano il monopolio del colore verde: c’è bisogno di tutti per riuscire a fermare i cambiamenti climatici ed avviare una transizione economica e sociale entro 11 anni!

Io sono convinta che in questa competizione per l’Europa, nella quale è indispensabile convincere almeno una parte del 50% degli elettori che non pensano di andare a votare di farlo, ci sia lo spazio sia per una proposta ecologista, progressista, europeista (con alle spalle il forte gruppo dei Verdi europei) e disposta a giocare un ruolo nei futuri equilibri di governo, che per una proposta che mette l’identità di “Sinistra” al primo posto, meno netta sull’appoggio al progetto europeo, più definita come forza antagonista e con priorità politiche e di schieramento in parte diverse.

Questa è la situazione in quasi tutti i grandi paesi europei. Perché non dovrebbe esserlo anche da noi? Perché, per portare il massimo numero di elettori al voto, non possiamo insistere sulla necessità di un’offerta articolata e plurale che valorizzi, invece che frustrarle in un progetto ambiguo, peraltro già fallito in passato, la diversità di obiettivi e strumenti, al di là delle convergenze?

Infine, crediamo che una buona parte della sinistra, come racconta la nascita di Europa Verde, possa essere interessata a partecipare a un progetto che metta al primo posto l’Europa e l’ecologia. È in questo senso che per noi l’etichetta è meno importante del contenuto. E non c’è in questo alcun intento polemico o denigratorio.

Non ci perdiamo in inutili contrapposizioni. Gli avversari che abbiamo di fronte non sono nelle nostre due liste. Portiamo più persone possibile a votare. Solo se ne saremo capaci davvero le elezioni del 26 maggio saranno un successo per l’Europa: verde, progressista e femminista.