Commenti

La nostra crisi è teologica

Elezioni europee Il mio candidato ideale alla guida dell’Europa sarebbe Albert Camus. L’Europa ha bisogno di sole, non può continuare a impallidire intorno alle sue banche. Il giorno cede, l’umore si fa […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 1 febbraio 2014

Il mio candidato ideale alla guida dell’Europa sarebbe Albert Camus. L’Europa ha bisogno di sole, non può continuare a impallidire intorno alle sue banche. Il giorno cede, l’umore si fa grigio. Non stiamo bene in questa Europa che non sogna, che pensa solo a mantenersi nella sua ricchezza. Nel Parlamento europeo ci devono essere gli scrupolosi del Nord, ma anche gli utopisti del Sud. Ci vuole chi porta luce e cibo buono nelle vene. Ci vuole chi sa cucire la Puglia all’Andalusia, la Sicilia alla Provenza. L’Europa bagnata in un gusto greco, lontana dalla ragioneria del debito. Abbiamo bisogno di ebbrezza, abbiamo bisogno di rivitalizzare i mille margini di cui è fatto questo continente. La linfa viene dai luoghi meno conosciuti e in questo senso il progetto sull’Italia dell’interno di Fabrizio Barca è una delle idee migliori prodotte nel continente.

Il centro dell’Europa è una salma. La sinistra di oggi ha senso se sposa il computer e il pero selvatico, se capisce che la mente arcaica è più vicina alla rete della mente storicista e novecentesca. La sinistra euromediterranea per me significa una sinistra che unisce sogno e ragione, che tiene insieme poesia e impegno civile, dolore e lietezza.

Il tempo si è squarciato, il mondo si è appesantito. Non possiamo curarlo con i banchieri (come ha fatto molto inopportunamente il governo regalando agli azionisti sette miliardi), non possiamo curarlo con la logica che fa detenere a meno di cento persone la stessa ricchezza di tre miliardi e mezzo di persone nel terzo mondo.

Non abbiamo più Camus tra di noi, ma è arrivato il momento della sinistra mediterranea, la sinistra della luce contro il buio del fascismo monetario. Un fascismo che non ha bisogno di cialtroni che urlano dai balconi. Il nuovo fascismo è inchiodare ogni vita all’idea del guadagno, trasformare il mondo in una cava in cui un’umanità cieca si mette a fornicare dalla mattina alla sera in cerca della sua pagliuzza d’oro.

La sinistra euromediterranea non è il nome nuovo di una vecchia cosa, non è l’ennesimo aggiornamento di una disfatta. L’Europa si salva se capisce che la sua crisi prima che economica è teologica. E la politica deve considerare l’economia ma anche la bellezza. L’ordine del giorno non deve mai distogliersi da un’agenda etica, la cura del visibile non è niente se non è anche manutenzione dell’infinito. Non significa niente dare lavoro ai giovani e non significa niente dare case, automobili, stipendi, se non abitiamo il mondo come si abita un cristallo, se non abitiamo il mondo avendo cura degli inermi e degli affannati. Piuttosto che infilare giornate tristi come soldatini di un esercito sconfitto, piuttosto che lamentarci per lo squallore dei politicanti che schiumano dal video, è ora di andare nei fiumi, nelle nuvole, nelle foglie, nelle facce dei vecchi e dei ragazzi, andare dove c’è ancora il mondo ed estrarre da lì la linfa per una nuova politica, con nuove parole, nuovi respiri.

C’è ancora salute, la miseria spirituale non ha preso tutto. E allora andiamo, facciamo vibrare i muri delle città e dei paesi, alziamo le strade verso il cielo, rimuoviamo l’Europa dalla cenere dell’eruzione liberista. A chi ci chiede notizie sull’oggi domandiamo cosa sa di Bruno e Vico e di Leopardi e di Platone. L’Europa dei pensieri e della bellezza deve farsi umile e gentile e dolce. La storia non è finita. Il futuro non è così stanco come sembra, può cominciare dal Sud dell’Europa, ma a condizione di unire agli slanci utopistici la realizzazione di progetti concreti come quello sull’Italia interna.

Non abbiamo bisogno di governabilità, abbiamo bisogno di governi che si facciano amare dai governati. Per ricostruire la politica bisogna partire dai luoghi e dalle comunità che ancora li abitano. L’Europa non è un’astrazione, ma un intreccio fittissimo di culture e di esperienze, è la prua delle umane inquietudini, non merita la piallatura tecnocratica a cui la stanno riducendo i politici asserviti al fanatismo monetario.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento