Sono passate due settimane da quando il primo caso di Covid-19 – un 44enne italiano che lavora in Nigeria, dove è rientrato da Milano il 25 febbraio – è stato confermato in Nigeria e dunque nell’Africa Sub-sahariana. Negativo al test un secondo caso paventato qualche giorno fa dal ministro della Salute Osagie Ehanire, una delle «40 persone in quarantena per i contatti avuti con l’italiano che ha introdotto il virus nel Paese». Ieri sono stati tutti rilasciati, come altre 139 persone che erano state isolate negli stati di Ogun e Lagos. In quarantena sono finiti invece quattro minori rientrati dagli Usa con il loro insegnante.

Il commissario di Stato per la salute, Akin Abayomi, ha riferito che «il cittadino italiano risultato positivo il 27 febbraio una settimana fa ha iniziato una terapia antivirale, sebbene non curativa, per aiutare il suo sistema immunitario a combattere l’infezione. Sembra stia rispondendo. Soffre per l’isolamento e ha richiesto supporto psicologico». Si valuta se dimetterlo la prossima settimana. «Per la sicurezza di tutti – ha aggiunto Abayomi – tornerà dalla sua famiglia solo dopo il primo risultato negativo».

In NIgeria da subito si è aperto il dibattito sulla reali capacità del governo di gestire un’epidemia che avrebbe conseguenze devastanti per il Paese – il più popoloso d’Africa, con circa 190 milioni di persone – e per l’intero continente.

 

il presidente nigeriano Muhammadu Buhari (Afp)

 

 

 

Preoccupato dall’impatto che il virus potrebbe avere sulla sanità nazionale e su un’economia in recessione il presidente Muhammadu Buhari ha istituito una task force anti-coronavirus, stanziando 920 milioni di naira (oltre 2 milioni di euro) e un Comitato nazionale che dovrà decidere se ridurre il parametro di riferimento stabilito nel bilancio 2020 per il prezzo del greggio – la Nigeria è il primo produttore in Africa -, crollato nel frattempo da 57 a poco più di 30 dollari al barile.

Il governo si dice pronto ad affrontare la minaccia grazie all’esperienza maturata nella battaglia sostenuta dalla Nigeria contro Ebola. Alcuni Stati hanno avviato campagne di sensibilizzazione e chiunque entri nel paese è sottoposto a ferrei controlli sanitari. Lo stato di Nasarawa si è dotato di una hotline mobile e un Centro per pazienti sospetti.

Nel corso di un seminario sul Coronavirus organizzato dall’Ordine dei medici e dal Centro nigeriano per il controllo delle malattie, giovedì scorso a Lagos, si è parlato della «probabile» emergenza e della necessità di una risposta basata su un livello avanzato di preparazione, elevato indice di sospetto, acquisizione di kit appropriati, trattamento di prima linea, meccanismo di rinvio robusto e informato e anche l’educazione del paziente.

Ma a oggi, nonostante nessun caso di decesso e il tentativo delle autorità di rassicurare la popolazione, i nigeriani hanno ancora seri dubbi sulle capacità del governo e del sistema sanitario nigeriano di far fronte alla situazione.