«Ci aspettiamo il supporto morale dei paesi arabi e accettiamo volentieri qualsiasi aiuto finanziario a patto che sia incondizionato, che non miri a interferire negli affari interni del Sudan».

Fresca di nomina (si sente), la prima donna ministra degli Esteri sudanese Asmaa Mohamed Abdalla è una delle quattro personalità femminili presenti nel nuovo governo di transizione “a guida civile” che si è appena insediato a Khartoum,  dopo un faticoso negoziato con i militari, per uscire dalla drammatica crisi politica in cui il paese si era cacciato a partire dal dicembre scorso. E che ha visto le piazze riempite da società civile e opposizione, per sfidare prima il regime di Omar al Bashir e poi la giunta militare instaurata in seguito alla caduta del vecchio presidente, pagando un pesante tributo di sangue. Piazze pronte a riempirsi di nuovo, quindi, se non decolla subito l’inchiesta indipendente sulle violenze delle forze di sicurezza (in particolare sulla strage avvenuta lo scorso 3 giugno). Dell’accordo che ha consentito la nascita del nuovo esecutivo, il primo dell’era post Bashir, presieduto dall’economista Abdalla Hamdok e incaricato di condurre il Sudan alle elezioni in capo a tre anni o poco più, è uno dei punti dirimenti.

L’altra priorità, lo ricorda la neo ministra in un’intervista a al Jazeera, è la rimozione del Sudan dalla lista nera dei paesi che «sostengono il terrorismo» stilata dagli Stati uniti e della quale il paese è parte costituente fin dal 1993, quando la Casa bianca era convinta di fiaccare al Bashir con le sanzioni (la popolazione ringrazia: fame e altri 25 anni di dittatura). Richiesta formale è stata già inoltrata a Washington perché, ricorda Asmaa Abdalla, togliere di mezzo sanzioni e misure restrittive varie, come quelle imposte agli investimenti stranieri, aiuterebbe di per sé la disastrata economia nazionale. Messaggio rivolto anche, e salvo “interferenze”, ai “fratelli” del Golfo fin qui molto benevoli con i generali, chi più chi meno. Del resto anche il presidente egiziano al Sisi, decisamente tra coloro che lo sono stati “più”, sarebbe pronto a un «nuovo inizio nelle relazioni bilaterali», come auspicato ieri dal ministro degli Esteri egiziano Shoukri, che ieri a Khartoum è stato ricevuto dalla ministra Abdalla.

Da qui l’intenzione di mantenere «relazioni bilanciate» sia a livello regionale che internazionale. La domanda se il Sudan ora intenda normalizzare i rapporti anche con Israele la ministra l’ha schivata così: «La maggior parte dei paesi arabi in un modo o nell’altro ha rapporti con Israele. Ma per ora non ci pensiamo, abbiamo già abbastanza problemi».