Gli aerosiluranti erano dei velivoli che operavano sul mare. Col siluro agganciato alla pancia della fusoliera puntavano sulle navi e a 500 metri di distanza lo lanciavano in acqua per colpirle e affondarle. Potevano essere impiegati soltanto sulle distese di mare, nel contesto di uno scontro aeronavale del secolo scorso. Non esisteva altro scenario possibile per aerei di quel tipo, per motivarne la loro presenza. Ci parve fuori luogo dunque un esemplare simile fra le catene alpine del Trentino, parcheggiato in un hangar espositivo, tra vari aeroplani, dell’aeroporto Mattarello di Trento. Apprendemmo che aveva volato nei cieli del Mediterraneo durante la guerra mondiale, e che uscitone indenne era stato ceduto all’aviazione libanese. La quale lo restituì all’omologa italiana nel 1993, finendo museificato. Gli aerosiluranti venivano chiamati «sparvieri»; per gli inglesi, che tentavano di abbatterli prima che si avventassero a pelo d’acqua contro le fiancate delle loro navi, erano i «gobbi maledetti». L’appellativo derivava dalla caratteristica della torretta, rialzata rispetto alla cabina di pilotaggio, da cui spuntavano le mitragliatrici di bordo per tenere a bada i caccia avversari. Si trattava di un trimotore molto maneggevole, che conoscevamo attraverso le immagini di filmati e di giornali d’epoca, con la croce sabauda sulla coda e i cerchi con fasci littori sulle ali. Quello che vedevamo dal vero non aveva più la livrea originale ovviamente, e le insegne distintive (albero del cedro e sigle varie) erano libanesi. Alla cerimonia di consegna dell’apparecchio incontrammo un signore sui 75 anni che ci era stato indicato come ex aviatore. Poteva essere la fonte giusta per aggiungere qualche nota al servizio di cronaca bianca destinata al giornale di provincia. Si chiamava Martino Aichner e di professione faceva l’avvocato; in gioventù aveva vissuto anni movimentati, se non turbolenti. Già in possesso del brevetto di pilota civile, allo scoppio del conflitto si trovò catapultato nell’arma aerea col grado di sottotenente di complemento. C’era l’opportunità d’indirizzarsi in una delle diverse specialità e lui optò per quella degli aerosiluranti (piloti ed equipaggi erano tutti volontari). L’esistenza di ognuno procedeva spedita in quei tempi; le esperienze di vita, morali e fisiche, si bruciavano precocemente e oltrepassati i vent’anni di età si era presto uomini fatti. Nell’estate del 1942 Aichner partecipò a una battaglia aeronavale nel Mar Mediterraneo centrale, fra Pantelleria e Malta. Avrà avuto 23-24 anni, non di più: pilotando un SM.79 (lo «sparviero», che aveva a bordo cinque-sei persone) centrò con il siluro un cacciatorpediniere inglese che nel volgere di qualche minuto colò a picco. L’affondamento, in seguito riconosciutogli, gli valse una medaglia d’oro per meriti di guerra. Per ben due volte, in sette missioni compiute, era stato abbattuto in mare, riuscendo a imbarcarsi con l’equipaggio sul battellino di salvataggio. Quella cerimonia ufficiale del 1993 era stata emozionante per il vecchio pilota: aveva potuto rivedere un esemplare, rivivendo qualche ricordo, del suo «sparviero». Di certo lo andò a trovare altre volte, prima di congedarsene del tutto. Morì un anno dopo.