Earthrise è il nome della fotografia scattata dall’astronauta William Anders nel 1968 durante la missione Apollo8. È l’immagine della terra che appare dal buio dell’universo ritratta per la prima volta dalla luna che il curatore Marco Scotini usa come manifesto della mostra Earthrise. Visioni pre-ecologiche nell’arte italiana (1967-73) al Pav di Torino (fino al 21 febbraio) con opere di 9999, Ugo La Pietra, Piero Gilardi e Gianfranco Baruchello.
L’ecologia sociale, alla quale si orienta la mostra, nasce nel ’63 dalle parole di Murray Bookchin «un corpus teorico coerente, che cerca non solo di spiegare il perché dell’attuale sfascio ecologico ma anche di trovare un terreno comune, una base unificante per le tematiche ambientaliste, femministe, classiste, urbane e rurali».

È in America che l’ecologia si sviluppa maggiormente: nelle sperimentazioni di Buckminster Fuller negli anni Cinquanta. Nel decennio successivo con le lotte contro la guerra in Vietnam e l’affermazione di nuovi modelli di abitare alternativo, al di fuori delle metropoli, e la nascita delle prime comuni hippies, sono fattori che determinano un atteggiamento nuovo nei confronti della natura, impersonato da figure come Paolo Soleri o dai fondatori di Drop City. Una riappropriazione della natura da parte di giovani delusi e vogliosi di sperimentare nuove forme di vita, una fuga dal mondo e dalla società del mercato. Questo accade in America, dove è possibile occupare gli spazi vuoti naturali a differenza dell’Europa la cui conurbazione non lo consente.

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In questo nuovo contesto sociale fa scalpore la decisione di Gianfranco Baruchello di ritirarsi in campagna, alle porte di Roma, e fondare Agricola Cornelia Spa (1973-83), con lo scopo di reagire e porre un limite tra il suo concetto di opera e quello imperante, allora, dei primi earthworks. Ma la dimensione politica di Baruchello, che si confronta dimensionalmente con gli earthworks, con i suoi otto ettari di terreno agricolo, non è un gesto formale fine a se stesso ma radicale. Abbandonare la città per recuperare la dimensione agreste coltivando la terra come atto politico e poi artistico. L’azione di Baruchello si inserisce all’interno del fenomeno della comune agricola, anche se lui agisce solitario, che «nasce da un fondo affittato o comprato, e destinato alla coltivazione e all’allevamento- scrive Maffi nel ’72 in La cultura underground – I membri della comune si dedicano a queste attività agricole interne, integrandoli con lavori esterni, agricoli o d’altro tipo».
Contemporaneamente l’artista Piero Gilardi, con i suoi Tappeti natura esce fuori dal concetto di quadro e scultura riproducendo frammenti di natura in poliuretano.

Gilardi «è lì in un equilibrio instabile tra l’opera d’arte e l’oggetto d’uso – scrive Sottsass jr – Questi oggetti servono a fare una natura usabile». Così, riproducendo la natura, la si preserva anche quando è destinata a speculazioni e distruzioni, e ne rimarrà soltanto la sua rappresentazione artificiale. Diversi come approccio e più deboli concettualmente appaiono i lavori di Ugo La Pietra e 9999, esponenti dell’architettura radicale. La Pietra, a partire dal 1969, esplora la periferia milanese ne I gradi di libertà creando delle mappe in forma di collage di foto e disegni ritraendo, tra gli altri, anche gli orti spontanei e le baracche per il ricovero degli attrezzi dal sapore neo-realista.

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Il gruppo 9999 fin dal ’68 si dedica al rapporto con la natura. Dapprima «prefigura la possibilità di uno sviluppo tecnologico libero dall’assoggettamento delle ideologie e del potere militare – scrive Marco Ornella in 9999. An Alternative to one way architecture – per la creazione di dispositivi che garantiscano le condizioni essenziali alla sopravvivenza dell’uomo in natura».
Presto la benevola tecnologia genererà quella distruzione attuata con la guerra in Vietnam da trasformare l’ottimismo del gruppo in un pessimismo reale. Il progetto della Casa Orto (1972), scelto da Scotini per rappresentare l’impegno ecologico dei 9999, consiste in un «luogo abitabile e consumabile in accordo con i principi delle risorse riciclabili», ma nonostante le dichiarazioni d’intenti non convince per la mancanza di una vera e propria azione fisica, sempre se paragonata con Agricola Cornelia.

Così sarebbe stato più interessante raccontare la storia della barca in legno che Paolo Galli costruisce sulle colline fiorentine, a cui partecipano gli altri membri del gruppo, come un vero e proprio atto comunitario, un non finito che rimane il più ecologico progetto del 9999.