Da quando l’umanità ha iniziato a scrivere le parole che pensa e che occorrono a definire i rapporti fra i suoi singoli appartenenti, la natura ne è stata fonte primaria. Nelle lingue moderne, sebbene il legame con l’ambiente e i suoi elementi si sia indebolito, quanti termini derivano da alberi, bosco o foresta. Forestiero, colui che abita o proviene dalla foresta. Forestale, che ha inerenza con la foresta. Si dice, talora, mi sono inforestato, mi sono imboscato, ovvero sia nascosto ma anche appartato, o inalberato, che può voler dire scusarsi, arrabbiarsi ma anche emarginarsi, come fece Cosimo Piovasco di Rondò, il protagonista de Il barone rampante di Italo Calvino. Il vocabolario che da anni cerco di ampliare e tessere nasce proprio dalla semina di esperienze in natura: in questo modo sono sbocciate parole e figure quali Homo Radix, dendrosofia, alberografia, magistero del disordine, castanodonte, arborgrammaticus.

Si tratta di un esercizio di «filologia creativa», prima di me ne sono stati fabbricanti naturalisti, viaggiatori, esploratori, poeti come lo scozzese-americano John Muir, che ha dato nome a tanti luoghi della natura selvaggia californiana, ad esempio Giant Forest, il luogo dove esiste la maggiore concentrazione (superstite) di sequoie giganti del pianeta, oppure il norvegese Arne Naess, inventore del termine ecosofico «ecologia profonda». L’elenco sarebbe assai articolato.

Ora arriva nelle librerie un libro delizioso, pubblicato da una delle nostre più audaci e inventive case editrici, Quodlibet di Macerata, lo ha vergato il padovano Stefano Tonietto e si intitola Letteratura latina inesistente, invenzione di una letteratura persa ma invero mai scritta, se non ora: «Il fatto, meramente contingente, di essere esistito non dovrebbe più costituire, per un autore latino, l’unico criterio di scelta». E così il lettore potrà godersi i versi (Carmina Lesbiae) di una amante di Catullo, l’epistolario di Gneo Calpurnio Bestia dalla collettanea Hitchcockianus, il fondatore della letteratura poliziesca ed advocatus Menenius Rabûla, l’Institutio amatoria del mitico Floscio Gallo, di cui si dovrebbe imparare a memoria la definizione di «relazione» (pag. 74), ma anche studiosi di filologia classica come il fautore della teoria della congiura Pietro Randello, o la filologa femminista Walkyria Castro, la quale sconfessò nientemeno che l’interpretazione del Mommsen, uno dei massimi studiosi dell’età romana. Particolarmente interessante è la figura di un etimologo, uno studioso del significato delle parole, Volpilio, di cui si riportano alcune buffe etimologie, quali, forestam, mundum, postribulum, iuventus, radicem, venenum, cunnus, proletarius, ma anche il nostro amato forestierum – forestiero: «da foresta, cioè selva, perché i pellegrini e viandanti si incontrano soprattutto nelle selve, dove passano per andare a visitare la Terrasanta o la città di Roma». Buono spasso.