Comprereste una bevanda alla menta incolore? Un’aranciata giallognola? Un gelato alla fragola bianco? Ecco spiegato perché l’industria alimentare fa massiccio uso di coloranti, additivi che stanno al cibo come il rossetto alle labbra: effetto maquillage.

La buona notizia è che negli ultimi anni sono stati impiegati sempre di più non solo i coloranti «naturali», percepiti come più genuini dai consumatori, ma anche estratti vegetali coloranti, frutto di recenti scoperte scientifiche, valida alternativa ai coloranti di laboratorio che aggiungono anche proprietà aromatiche e nutrizionali agli alimenti. Ce lo conferma la professoressa Giovanna Giovinazzo, ricercatrice dell’Istituto di Scienza delle Produzioni Alimentari del CNR di Lecce, esperta del metabolismo secondario delle piante.

Professoressa Giovinazzo, a cosa servono i coloranti dal punto di vista della tecnologia alimentare?

I coloranti alimentari sono perlopiù sostanze prive di valore nutritivo, addizionate durante la lavorazione degli alimenti anche per esaltare la colorazione originaria. Il loro impiego mira essenzialmente ad incrementare l’interesse ed il gradimento dei consumatori nei confronti dei prodotti a cui vengono aggiunti.

Che differenza c’è tra coloranti naturali e coloranti artificiali?

I coloranti artificiali sono prodotti di sintesi chimica studiati in modo da renderli il più possibile adatti allo scopo, combinando le necessità di un prodotto sicuro dal punto di vista tossicologico con quelle legate alla tecnologia d’impiego. I coloranti naturali sono forniti dalla natura, possono originare da piante, insetti, microorganismi e minerali: naturalmente bisogna sapere come sono stati estratti. Se vengono utilizzati solventi chimici, non sono più tanto «naturali». Quindi la distinzione tra coloranti naturali e artificiali è un po’ labile. L’industria alimentare predilige le molecole di sintesi perché sono più stabili, meno sensibili ai processi ossidativi, alle temperature e alla variazione del Ph rispetto a quelle naturali. E costano anche meno. Però i consumatori prediligono i coloranti naturali poiché quelli sintetici sono associati a reazioni allergiche, iperattività e persino cattivo gusto.

Come è orientata la ricerca in questo settore?

Esiste un filone di ricerca mirato al recupero di molecole naturali con effetto colorante da fonti vegetali rinnovabili, come ad esempio i sottoprodotti delle filiere (pomodoro, uva, e tutte le produzioni di succhi e passate di frutta e verdura) in un’ottica di economia circolare. C’è così tanto materiale da recuperare ed è una fonte ricchissima di molecole importanti. E poi c’è il filone della la produzione in vitro da colture di cellule vegetali, microalghe, con specifiche caratteristiche, come per esempio, di astaxantina, un colorante rosso con proprietà antiossidanti che si produce da microalghe, o di antocianine, pigmenti della famiglia dei flavonoidi dalle note proprietà antiossidanti che si estraggono da vite, tabacco e barbabietola. La necessità di materiale di partenza per produrre coloranti o estratti naturali è relativamente elevata: per produrre 1 chilo di clorofilla sono necessarie 4 tonnellate di erba. Dal punto di vista agronomico, quindi, la coltivazione di vegetali destinati alla produzione di estratti coloranti può essere economicamente interessante. Tuttavia la coltivazione deve essere organizzata al meglio, anche per evitare contaminazioni da fitofarmaci, tossine, etc… Inoltre la ricerca chimica procede verso la messa a punto di nuovi metodi di estrazione per il recupero di coloranti che non prevedano l’utilizzazione di solventi chimici e che siano sostenibili da un punto di vista ambientale, non tossici per l’alimentazione e stabili per l’industria. A questo proposito vengono utilizzate diverse tecnologie come: ultrasuoni, microonde, campi elettrici pulsati, fluidi supercritici, solventi eutectici. Per stabilizzarli ci rivolgiamo alle nanotecnologie che ci forniscono la tecnologia del microincapsulamento, ad esempio.

Cosa chiede l’industria?

Poiché è crescente l’interesse verso le molecole con bioattività, che abbiano cioè anche caratteristiche nutrizionali, e molti coloranti possiedono tali caratteristiche, l’industria richiede coloranti naturali, bioattivi, più abbondanti e più stabili. I prodotti nanotech permettono di realizzare nuovi materiali che hanno proprietà diverse dallo stato macrocoscopico. Nella nanoscala molte proprietà fondamentali della materia quali durezza, resistenza elastica, forma e colore, si modificano perché nelle dimensioni nano cambia il rapporto tra massa e superficie in favore delle tensioni superficiali, così da ottenere materiali con funzionalità completamente differenti. Le nano particelle di oro e di altre sostanze assumono tutti i colori dell’arcobaleno a seconda delle loro dimensioni, il colore dipende solo dalla nano-dimensione della particella. Come in natura le farfalle non hanno pigmenti colorati nelle loro coloratissime ali, ma nano-particelle, oggi con i nano-coloranti si possono tingere tessuti, pelli, capelli e altre cose senza doverli fissare come con i colori derivanti da pigmenti sintetici. Diminuiscono così le conseguenze negative a livello ambientale. Tuttavia EFSA fino ad oggi ha riconosciuto utilizzabili nell’alimentazione solo le nanocapsule per i coloranti naturali. I coloranti nanotech devono ancora essere valutati non nocivi per la salute.