Quinto album per l’artista milanese. Il più bello, sofisticato e inevitabilmente meno accessibile. E quindi rischioso. Malika dalla voce diafana e intensa una spanna sopra a certe colleghe tutte acuti e singoli radiofriendly, sposta l’asticella più in alto. È un disco dai suoni moderni, quasi da clubbing, in cui combina modalità vintage – ci ha lavorato insieme ad Axel Reinemer e Stefan Leisering al Jazzanova Recording studio di Berlino – dal complesso progetto grafico affidato a Federico Pepe con belle immagini che portano la firma del fotografo Jacopo Benassi. Belle canzoni che non scelgono suoni massificati e si fanno strada al secondo e al terzo ascolto con testi che scavano in profondità: Nodi – spiega lei «è un pezzo sull’inutilità dei bondage emotivi che ci autoinfliggiamo», mentre in Imprendibile – basi cupe e avvolgenti – parla di libertà, sulla «natura imprendibile della vera grandezza». Ma il piccolo grande capolavoro è Non usciamo, che racconta il quotidiano di ciascuno di noi, fatto magari di un’altra casa, di altri calzini e tante confortevoli disattenzioni.