Siete uno dei circa 150mila cittadini europei che hanno partecipato alla consultazione proposta dalla Commissione europea sul Ttip, il trattato transatlantico Ue-Usa, la cosiddetta Nato del commercio in via di negoziato? Fate parte della grande maggioranza che ha espresso dubbi e che rifiuta una liberalizzazione senza regole tutta a vantaggio delle multinazionali?

La consultazione, aperta nel marzo scorso, era stata la risposta delle autorità di Bruxelles alle crescenti preoccupazioni, per cercare di calmare la protesta e convincere i cittadini che venivano rispettati i principi di base della democrazia in questo negoziato internazionale. Ebbene, è stata una grande presa in giro. I contenuti del Ttip verranno resi pubblici solo a fine anno, ma il 25 settembre dovrebbe venir pubblicato il testo definitivo di un altro accordo che l’Unione europea sta negoziando: quello con il Canada, che non è altro che un’anticipazione dei termini che saranno contenuti nel Ttip.

Nel testo dell’accordo con il Canada è recepita nero su bianco la clausola che permetterà alle multinazionali di denunciare gli stati che prendono misure considerate dannose per le imprese. Le multinazionali avranno il diritto di rivolgersi a un arbitrato privato se si sentiranno lese nei loro interessi da regolamenti o legislazioni statali, che possono riguardare diritti del lavoro, difesa dell’ambiente, della salute ecc.

Il trattato Ue-Canada riprende gli elementi del Nafta (Accordo nordamericano), in base al quale, per esempio, nel novembre del 2011 la società Usa Lone Pine Resources aveva potuto denunciare la moratoria decisa dal Québec sullo sfruttamento dello shale gas: la società statunitense aveva chiesto 250 milioni di dollari di danni allo stato canadese, perché la moratoria del Québec era giudicata «arbitraria, capricciosa, illegale» e aveva fatto perdere dei soldi alla multinazionale statunitense, che aveva investito a vuoto. L’accordo Ue-Canada diventa di fatto un modello per il Ttip, malgrado le promesse di Bruxelles di abolire la clausola sul ricorso agli arbitrati. Il nuovo presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha affermato di sentirsi «a disagio» di fronte a questa clausola, che suscita forti perplessità anche nel governo tedesco, ma per il momento non è stata fatta nessuna modifica al testo dell’accordo con il Canada.

L’offensiva per la deregulation è ripresa in pieno, dopo un relativo rallentamento causato dalla crisi iniziata nel 2008. Secondo una rivelazione di Wikileaks, di fronte al blocco del Doha Round nell’ambito della Wto, su iniziativa di Stati uniti e Australia dall’inizio dello scorso anno si è costituita una lobby che raggruppa una cinquantina di stati (tra cui i 28 dell’Unione europea, rappresentati dalla Commissione) per liberalizzare i servizi nel mondo (partendo dalla constatazione che i servizi hanno minori possibilità di export dei beni materiali). E’ il Tisa, Trade in Services Agreement. Si propone di costituire una forza d’urto per la liberalizzazione del trasporto marittimo, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, l’e-commercio, i servizi informatici, la posta, i servizi finanziari e tutto quello che resta di monopoli pubblici.

Molto attive sono le multinazionali (in Francia sono in prima linea il Medef e società come Orange o Veolia) e l’obiettivo è proseguire nella via della liberalizzazione aperta nel 1994 dall’Accordo generale sul commercio e i servizi. Si tratta di una testa di ponte per aprire la strada alle liberalizzazioni contenute nel Ttip. Una vota raggiunta un’intesa tra i paesi pionieri, sarà più facile imporre la deregulation a livello mondiale anche ai paesi più reticenti. Per esempio, di recente delle società finanziarie che propongono prodotti derivati hanno denunciato il regolatore Usa, la Cftc (Commodity Futures Trading Commission), accusata di applicare le regole con troppo zelo e di mettere così i bastoni tra le ruote ai «servizi finanziari» (in altri termini, alla speculazione).

L’accresciuta aggressività della speculazione finanziaria, che mette in pericolo la democrazia, è uno degli argomenti discussi in questi giorni a Parigi, all’Università d’estate di Attac all’università Paris VII.