Richard Grossman è un medico agopunturista nato a New York ma cresciuto a Los Angeles, dove tutt’ora vive. Alle cure con l’agopuntura unisce piante medicinali dell’Amazzonia e il suono, la musica. Anche lui è a Ibiza per Aya 2014.
Cosa intendi per curare le persone con il suono?
Uso diversi strumenti musicali provenienti da differenti culture, flauti degli indiani d’America, flauti arabi, ma con questi non sono ancora abbastanza bravo…flauti peruviani, didgeridoo dell’Australia, campane tibetane, molte specie di canti e anche scacciapensieri siberiani, cinesi…In genere sono utili per affrontare malattie dello spirito, ma nel caso del didgeridoo anche per curare malanni fisici. Si tratta di pompare l’energia del suono nel corpo, questo è composto per il 70% di acqua e l’acqua conduce bene il suono, quindi quando si applica il didgeridoo su un parte del corpo malata, la frequenza delle vibrazioni penetra nel corpo e aiuta a purificare, a curare, a guarire.
Come sei venuto in contatto con l’Ayahuasca?
Le mie prime esperienze con sostanze psichedeliche sono avvenute in sessioni terapeutiche, con funghi del genere psilocibe e con Dma, non tanto Lsd, non mi sono mai trovato troppo bene con l’Lsd. Poi ho incontrato l’ayahuasca, molti anni fa, mi pare nel 1994, quando un mio buon amico col quale avevo lavorato in terapie psichedeliche portò dell’ayahuasca dall’Amazzonia. La prima volta che la presi fu a Los Angeles, in una casa sulle colline, nel Topanga Canyon.
C’era uno sciamano?
Non nel senso tradizionale del termine, era un medico, un guaritore, ci guidò ad ascoltare musica registrata e a rilassarci durante l’esperienza che per me fu molto profonda, intensa. A un certo punto durante quella cerimonia mi resi conto che l’ayahuasca era la maestra che cercavo. Solo parecchi anni dopo presi l’ayahuasca in Peru con uno sciamano. Avrei voluto andarci molto prima ma le circostanze della vita non me lo permisero. Mi ero appena laureato nella scuola di agopuntura e come molti freschi laureati ero coperto di debiti ed era necessario a quel punto e urgente diventare un medico. Aprii un mio studio, ma l’ho poi chiuso 10 anni fa. Continuai a prendere ayahuasca ma non abbastanza spesso quanto avrei voluto, non avevo abbastanza soldi per le cerimonie, la professione di dottore agopunturista non era così remunerativa come avevo immaginato. Intorno al 2000 cominciai veramente a desiderare di andare in Amazzonia, provai a inventarmi qualche tipo di lavoro, qualche corso con guaritori locali, ma non ne venne fuori niente, così fu solo nel 2003/2004 che riuscii ad andare in Amazzonia e lavorare con dei veri sciamani. Andai in Ecuador, dove ebbi un altra esperienza veramente profonda. Per farla breve uno degli altri nordamericani che stava là dopo la prima cerimonia disse allo sciamano qualcosa come «ai gringo piace una medicina più forte», questo è qualcosa che non bisognerebbe mai dire a uno sciamano, stai insultando la sua medicina, così alla cerimonia successiva ci fu data una pozione incredibilmente potente, entro 20 minuti tutti erano piegati a vomitare, incluso lo sciamano e sua moglie che avevano una esperienza lunga una vita con l’ayahuasca. Io stavo seduto accanto al figlio dello sciamano e per qualche ragione ci eravamo come agganciati mentalmente: lui mi guardava e si diceva «non vomito finché il gringo non vomita», e io lo stesso…e così ce ne stavamo là seduti come guerrieri cercando di controllare questa medicina incredibilmente potente. Dopo un po’ i miei sforzi sono stati ricompensati dalla visione di una miriade di incredibili, stupendi spiriti della foresta, che mi dicevano che gli piacevo, che mi volevano bene, è stata veramente una esperienza sorprendente. Dal cuore della foresta, in lontananza, potevo percepire questa energia di una potenza incredibile che veniva verso di noi, che si muoveva veloce, rapida attraverso la giungla verso di noi.
Qual’è la funzione degli icaros, i canti degli sciamani, durante le cerimonie con l’ayahuasca?
Sono molto importanti. Sono canti magici, canti per guarire, comunque li si voglia chiamare. Per usare una analogia, è come se tu fossi catapultato improvvisamente nel mezzo di una grande città, una metropoli enorme, e non hai idea da dove vieni, chi erano i tuoi amici, quali sono i posti sicuri dove andare… gli icaros ti prendono per mano, ti parlano al cuore e ti guidano attraverso quel territorio. Senza una guida la tua mente se ne andrebbe di qua e di là, alcuni posti sono belli, altri orribili, alcuni sono sicuri, altri pericolosi, così gli icaros sono qualcosa che è al di fuori di te ma allo stesso tempo dentro di te, è qualcosa che sta succedendo nella stanza in tempo reale, al di là di tutto il caos e la confusione che vi possono essere nella tua mente. Altre cose reali sono il tuo respiro, il tuo corpo seduto per terra. Per me avere questi punti di realtà, qualcosa che io so essere reale e non creazione della mia mente, mi permette di reggere l’esperienza fino ad arrivare a un punto dentro di me dove trovo calma, pace. Il fatto che uno comprenda o meno le parole degli icaros non è rilevante. Io non capisco l’italiano ma quando sento un’opera questa parla al mio cuore, la musica è un linguaggio universale.
Ti consideri uno sciamano?
Non mi definisco in alcun modo, sono un medico agopunturista, ma guido cerimonie con l’ayahuasca.
Durante una cerimonia puoi vedere le malattie all’interno dei corpi delle persone?
Diciamo che le percepisco più che vederle, e a quel punto posso chiedere agli spiriti delle piante, a medici di altre dimensioni, un aiuto per curare quei malanni. Quando arrivano queste entità a volte le visualizzo, ma di solito le percepisco come energia, che trasferisco sui pazienti usando varie tecniche, a volte suonando il didgeridoo, l’agopuntura, pressione con le mani…
Percepisci che vi siano entità al di fuori di te?
Qualche volta, questa è una delle cose più difficili da accettare per una mente cresciuta nella razionalità occidentale. D’altronde non si può spiegare esattamente quello che succede durante un sogno, cosa è reale e cosa non lo è…c’è quella famosa storia indiana che racconta di un re che sogna di essere una farfalla, e la questione che si pone è se sia veramente il re a sognare di essere la farfalla o se sia la farfalla a sognare di essere il re. La risposta è che entrambi sono parte del sogno, parti di energia dell’esistente. Il sogno che stiamo vivendo pare molto reale, ma quando stiamo morendo, o magari quando si vive l’esperienza della morte mentre si è ancora in vita, a quel punto si entra molto più in contatto con l’infinito. Un poeta asiatico, Kabir, diceva sostanzialmente «lasciati morire ora, mescola la tua vita con l’oceano della vita, e se riesci a fare questo mentre sei ancora vivo tanto meglio».
Lo stesso concetto espresso da Cicerone di ritorno dai Misteri di Eleusi…
Certo, è una verità universale, non è niente di nuovo, è antica saggezza.