Efficientamento produttivo lo chiamano alla Pfizer. Un piano da 27 milioni di euro in tre anni per dotare lo stabilimento di Catania di nuovi macchinari automatizzati, innovazione tecnologica e meccanica. Intanto, però il colosso americano licenzia. Per 130 lavoratori l’azienda farmaceutica ha comunicato la procedura di licenziamento collettivo, ad altre 80 persone invece non saranno rinnovati i contratti in somministrazione. A essere colpiti saranno i più giovani, le ultime assunzioni risalgono ad appena due anni fa.

Un duro colpo per la fabbrica farmaceutica alle pendici dell’Etna che nel pieno della pandemia sognava il rilancio con la creazione di un centro per la produzione dei vaccini anti-Covid. E invece i sindacati si ritrovano a dovere trattare con gli americani per scongiurare la perdita di posti di lavoro. Il sospetto è che dietro a questa mossa si possano celare altri piani, come la vendita dell’impianto, dove al momento lavorano 700 persone.

Il paradosso è che tutto questo avviene in una fase di boom per Pfizer, col titolo cresciuto di quasi l’80% nell’ultimo biennio. L’azienda nega di volere dismettere lo stabilimento. E assicura che Catania «continuerà a essere parte integrante della rete globale di produzione e fornitura Pfizer» e che in previsione degli investimenti ha identificato «alcuni adeguamenti necessari, dovuti anche al calo della domanda dei volumi produttivi di un antibiotico iniettabile, che porteranno a una riduzione dell’organico».

Questo nonostante per la multinazionale il sito di Catania «svolge un ruolo fondamentale per Pfizer, inclusa la risposta alla pandemia, la produzione di importanti medicinali iniettabili sterili e antibiotici per i pazienti di tutto il mondo». «Al fine di supportare tutte le persone coinvolte in questo processo l’azienda ha avviato un confronto con i sindacati ed è impegnata a identificare le misure più adeguate» perché «questi cambiamenti si rendono necessari per garantire il futuro dello stabilimento e in questa fase difficile, i colleghi sono la nostra priorità: stiamo lavorando insieme con le organizzazioni sindacali, per valutare tutte le opzioni possibili e abbiamo identificato e offerto alcune opportunità, che si potranno concretizzare nel trasferimento all’interno della nostra stessa rete di produzione in Italia, oltre che supportare economicamente l’uscita e facilitare il ricollocamento».

Un film già visto sotto “a muntagna”. «Purtroppo negli anni la Pfizer qui a Catania da colosso s’è ridotta a un semplice stabilimento che produce due antibiotici ‘vecchi’ – spiega Giuseppe D’Aquila della segreteria regionale della Cgil con delega all’industria – Prima è stato chiuso il centro di ricerca poi lo spin off della divisione animal health. La verità è che Pfizer ha un grosso debito col territorio».

Oggi ci sarà la riunione in Confindustria con i sindacati, scatterà la procedura per il licenziamento collettivo. Cgil Cisl e Uil hanno scritto al Mise per spostare la vertenza nella sede istituzionale con lo scopo di fare ritirare gli esuberi. Per il 4 marzo è già stato proclamato lo sciopero del personale. «Temiamo che con questa manovra Pfizer metta in pericolo l’intero polo farmaceutico di Catania – aggiunge il sindacalista della Cgil – Stiamo parlando di una multinazionale con un ruolo primario in un contesto planetario, per questo il sospetto è che in realtà gli americani vogliano cedere lo stabilimento, che invece dovrebbe essere potenziato per la sua posizione strategica nell’area del Mediterraneo».

Lo stabilimento, 27 mila metri quadrati coperti su una superficie di 140 mila metri quadrati, produce circa 24 milioni tra flaconi e siringhe: la struttura è specializzata nella produzione di antibiotici di prima linea per uso ospedaliero, penicillinici e non penicillinici. Per la deputata Simona Suriano il piano di Pfizer «è inaccettabile, parliamo di una multinazionale che si è arricchita nell’ultimo anno fatturando cifre da capogiro solo per la produzione dei vaccini», che «informa del licenziamento i dipendenti con un messaggino whatsapp» e che «offre solo ad alcuni dipendenti con requisiti specifici il trasferimento nella sede di Ascoli Piceno, come se un lavoratore dall’oggi al domani può trasferire la propria famiglia, la propria vita in un’altra regione».

Sollecita il ministro Andrea Orlando la senatrice Valeria Sudano: «Vanno tutelati i lavoratori, soprattutto in un territorio già depresso e gravato dalla crisi socio-economica». «Il ministero convochi un tavolo – aggiunge – coinvolgendo la Regione siciliana e il Comune. Il ministro Giorgetti sta seguendo con attenzione questo dossier ed è pronto a intervenire in caso di necessità».