In Venezuela, la Mud affila i coltelli: dentro e fuori la coalizione. Dopo aver ottenuto 112 deputati contro 55 alle elezioni parlamentari del 6 dicembre, la Mesa de la Unidad Democratica litiga per le poltrone e per le priorità: nessuno dei 18 partiti che compongono la Mud (un arco che va dal vecchio centrosinistra all’estrema destra, a residui troskisti) gode infatti di una maggioranza. La presidenza della nuova Assemblea, che assumerà l’incarico dal prossimo 5 gennaio, verrà decisa nei primi giorni dell’anno nel corso di una «plenaria dei deputati», ma intanto si è stabilito che vi sarà una rotazione annuale. Secondo i pronostici, dovrebbe spuntarla una vecchia volpe della IV Repubblica, Henry Ramos Allup, il segretario generale di Accion Democratica (Ad). La prima vicepresidenza toccherebbe a Julio Borges, coordinatore del partito Primero Justicia (Pj), e quella supplente a Delsa Solorzano o a o a Enrique Marquez, di Un Nuevo Tiempo (Unt). Ieri sera, al momento per noi di chiudere il giornale, le destre hanno tenuto una conferenza stampa.

Ramos Allup è stato fra i primi ad annunciare l’indirizzo che intende assumere la Mud, in linea su quanto già sta facendo l’imprenditore Mauricio Macri in Argentina: stretta autoritaria sull’informazione e sul welfare (il socialismo bolivariano destina oltre il 60% del Pil ai piani sociali), mano libera alle imprese e alle privatizzazioni, azzeramento della nuova architettura istituzionale messa in campo a partire dal 1999 dopo l’approvazione di un’assemblea costituente. E azzeramento delle alleanze solidali sud-sud, nel quale il Venezuela scambia petrolio con beni e servizi.

La Mud ha comunicato di aver raggiunto un accordo interno quanto ai principali punti in agenda: referendum revocatorio per liberarsi del presidente Nicolas Maduro, riforma istituzionale o convocazione di un’assemblea costituente «a seconda del livello della crisi istituzionale e della reazione del governo». L’obiettivo, per la Mud, «è quello di arrivare nell’arco di sei mesi a una soluzione costituzionale, democratica, pacifica e elettorale per un cambiamento di governo». Un altro punto comune è l’amnistia per politici detenuti e banchieri fraudolenti rifugiati a Miami.

Guardando al quadro storico e ai trascorsi golpisti di molti personaggi della Mud, sono in molti però a dubitare sul vero significato dei termini «pacifico e democratico». L’anno scorso, a seguito di una campagna denominata «la salida» (ovvero la cacciata di Maduro con la forza) le violenze di piazza hanno provocato 43 morti e oltre 800 feriti. «La salida è stata un fallimento», ha dichiarato Henrique Capriles, membro di Primero Justicia. Dopo aver perso per due volte nella corsa alla presidenza, Capriles – attualmente governatore del ricco stato di Miranda – vuole la sua terza occasione. Da mesi, cerca di smarcarsi dal suo vecchio sodale golpista, Leopoldo Lopez, leader di Voluntad popular oggi in carcere per le violenze dell’anno scorso, con il quale ha assaltato l’ambasciata cubana durante il golpe contro Chavez del 2002. Al contempo, però, si fa vedere in piazza con Lilian Tintori, moglie di Lopez, personaggio chiave nella campagna orchestrata dai media internazionali contro il chavismo.

Le dichiarazioni di Capriles, come sempre anticipate in una intervista a El Pais, hanno però suscitato un putiferio nella litigiosa coalizione. Dalla Spagna, si è fatto sentire il padre di Lopez («Meno male che sei solo governatore»), da Miami ha reagito Carlos Vecchio («E cosa abbiamo vinto a fare le elezioni, per poi farcele scippare?») e da Caracas si è fatto sentire anche il figlio del generale Baduel, che capeggia una delle fronde oltranziste, per accusare Capriles di poco coraggio. «Non è il momento delle aspirazioni presidenziali – ha sentenziato Ramos Allup – faremo le cose in fretta, libereremo i prigionieri politici e risolveremo la questione istituzionale entro sei mesi».
Ma, il 5 gennaio, il chavismo porterà in piazza tutte le categorie sociali, decise ad appoggiare l’attività del Parlamento comunale, alternativo a quello maggioritario