Dai rumors alla realtà: gli Stati uniti passano all’offensiva in piena regola contro la società di telecomunicazioni cinese Huawei. Ieri il dipartimento di Giustizia Usa ha incriminato in modo ufficiale la Huawei e la sua direttrice finanziaria, Meng Wanzhou, precedentemente arrestata in Canada e rilasciata su cauzione. Contro la Huawei ci sono 13 capi di imputazione tra cui spiccano il presunto aggiramento delle sanzioni all’Iran e il più grave – se valutato all’interno dello scontro tecnologico con Pechino – tentativo di sottrarre informazioni sensibili a una azienda statunitense, T-Mobile.

L’AZIENDA CINESE ha fatto sapere di «delusa nell’apprendere le accuse». Dopo l’arresto «della signora Meng, l’azienda ha cercato l’opportunità di discutere con il Dipartimento di Giustizia l’indagine promossa dal distretto orientale di New York, ma la richiesta è stata respinta senza spiegazione. Le asserzioni contenute nell’indagine su segreti commerciali promossa dal distretto occidentale di Washington sono già state oggetto di una causa civile, risolta dalle parti dopo che una giuria di Seattle non ha riscontrato alcun danno né condotta volontaria e maliziosa riguardo all’accusa di appropriazione di segreti commerciali».

INSOMMA, TRA CINA E USA lo scontro sui dazi si ammanta di un nuovo confronto durissimo: la Huawei infatti è semplicemente l’azienda che incarna le principali preoccupazioni americane per quanto riguarda il futuro controllo della leadership mondiale tecnologica. C’è da credere, inoltre, che il passo successivo a queste accuse potrebbero essere nuove misure americane contro i prodotti cinesi. Tutto questo – infatti – finirà per influenza in modo netto le negoziazioni tra i due team per quanto riguarda la tregua sui dazi. è chiaro cosa c’è in ballo: gli Usa provano in ogni modo a rallentare, ostacolare e mettere a rischio il gigantesco progetto con il quale la Cina di Xi Jinping tenta di trasformare il paese da una potenza manifatturiera a una potenza high-tech.

IL MINISTERO DEGLI ESTERI cinese – come previsto – ha reagito alle accuse del governo Usa accusando Washington di voler ostacolare il successo delle grandi aziende tecnologiche cinesi. Un funzionario del ministero dell’Industria cinese ha definito i capi d’imputazione a capo di Huawei e di Meng «ingiusti» e «immorali», dichiarando che non esiste alcuna prova atta a corroborare le accuse della Giustizia Usa.
Almeno per il momento, però, come riporta Agenzia Nova, dalle autorità cinesi non è arrivato alcun annuncio di ritorsioni o rappresaglie, contrariamente a quanto accaduto con il Canada il mese scorso, dopo l’arresto di Meng a Vancouver su mandato Usa.