«E un leader che volesse davvero fare l’alleanza con noi inizierebbe il dialogo mettendo la fiducia su una legge per noi invotabile?». Nei capannelli di Montecitorio gli uomini – e le donne – vicini a Giuliano Pisapia valutano «lo stato dell’arte». All’indomani della rottura con Mdp e alla vigilia del voto che sancirà l’uscita dalla maggioranza degli ex Pd, altro che «apertura alle coalizioni»: la richiesta di fiducia sul Rosatellum 2.0 è un messaggio dal Nazareno che smentisce tutte le offerte di dialogo fin qui avanzate dagli ambasciatori Pd. L’ex sindaco di Milano, a Roma per partecipare alla trasmissione Cartabianca (Raitre), ai suoi ha spiegato che ha ragione Napolitano: la legge andrebbe armonizzata «con i nostri equilibri costituzionali», va eliminata dalla scheda l’indicazione del leader della forza politica. In assenza di questa correzione, «non possiamo votare la fiducia», dice Pisapia.

COSÌ, ALL’INDOMANI dello scontro, Mdp e Cp si ritrovano d’accordo. Oggi pomeriggio alle 17 saranno insieme a Roma, al Pantheon, a protestare contro la fiducia alla legge elettorale. «Una violenza terrificante e intollerabile al parlamento», attacca Roberto Speranza, coordinatore Mdp, «c’è un accordo Renzi-Berlusconi per impedire ai cittadini di votare direttamente i propri parlamentari. C’è un sequestro della possibilità di decidere gli eletti, che nomineranno loro». Nella stessa piazza ci sarà anche Sinistra italiana e Possibile.

IL PARTITO DI FRATOIANNI e quello di Bersani (e D’Alema) si danno appuntamento in una piazza – diversa da quella dei 5 stelle – contro il Rosatellum, detto «legge vergogna» da Si e «imbrogliellum» dagli ex Pd. È un primo passo comune per due forze intenzionate a unirsi in una lista per le politiche. Nel pomeriggio al senato Mdp fa mancare per due volte i suoi voti sulla legge europea: «Ci hanno estromessi dalla maggioranza» è l’accusa della capogruppo Cecilia Guerra quando annuncia l’astensione del gruppo sul voto finale. Di fatto è l’anticipo dell’uscita ufficiale di Mdp dalla maggioranza e l’ingresso nell’opposizione lato sinistro. La cosa al momento non comporta altri drammi: nel gruppo di Mdp al senato gli esponenti di Campo progressista non sono mai entrati (votano sempre con il Pd, lo stesso Pisapia deve spesso smentirne la paternità). Quanto al gruppo della camera, diviso quasi a metà fra area bersanian-dalemiana e area Campo progressista, per ora nessuno si muove. «Andarcene? E perché, siamo sempre stati un gruppo unito nonostante il pluralismo politico», spiega Ciccio Ferrara. Del resto dopo il no alla fiducia (i centristidi Cp come Bruno Tabacci invece usciranno dall’aula), il dialogo con il Pd per Pisapia è chiuso: «Non si può dire ’andiamo uniti’ mentre si fa una legge elettorale con Berlusconi, Salvini e Alfano. Per noi questo è uno spartiacque». Parole chiare, forse per la prima volta dal primo luglio scorso ..

DALL’ALTRA PARTE la strada dell’unità a sinistra è ancora al palo. La defezione di Pisapia, considerato l’unico inciampo alla convergenza fra Mdp e Si, a sorpresa non ha sbloccato l’impasse. L’assemblea costituente del ’nuovo soggetto’ che D’Alema aveva annunciato a mezzo stampa per il 19 novembre, non può essere semplicemente allargata al partito di Fratoianni, che nell’immediato è disponibile solo a una lista.

ANCHE L’AREA CIVICA del Brancaccio è disponibile a una convergenza. Ma pone una condizione: «Chi ha già avuto a lungo incarichi politici potrebbe fare un passo di lato», ha spiegato lo storico dell’arte Tomaso Montanari. Usando, forse inavvertitamente, le stesse parole che Giuliano Pisapia aveva usato per D’Alema.

QUINDI LA CONDIZIONE che Mdp ha considerato inaccettabile con l’ex sindaco («D’Alema è una risorsa, tu sei il leader ma non il capo», aveva avvertito giovedì scorso Vasco Errani a Ravenna, fra gli applausi dei suoi), uscita dalla porta con Campo progressista ora rientrerebbe con i civici del Brancaccio.

Non è l’unico problema. Anche il meccanismo della scelta delle candidature non sarà semplice: «Saranno i nostri elettori a scegliere, troveremo una forma di votazione dal basso, a maggior ragione se c’è legge elettorale che costringe a nominare i parlamentari», assicura Speranza su La7.