Il giorno dopo essere stato nell’occhio del ciclone delle accuse di «statalismo», il vicesegretario Pd Andrea Orlando rilancia e promette che andrà avanti la «vigilanza» del Pd sulle condizioni delle garanzie statali a Fca Italy per il prestito chiesto a Banca Intesa. Perché «il tema non si risolve un giorno di polemiche. E non è neanche un singolo fronte ma un fronte articolato, che andrà seguito passo passo nei prossimi mesi dato che in Fca è in corso una fusione e una riorganizzazione». Fra pochi mesi infatti Fiat Chrysler Automobiles non ci sarà più, nascerà il nuovo gruppo dall’aggregazione con Psa «e allora dovremo vedere quali saranno le sue mosse». Quello che è certo, dice Orlando, «è che lo Stato, da un punto di forza, deve evitare che ci sia un disimpegno di Fca dal paese». E anche, per dirla con la numero 4 delle sette domande che l’ex ministro Visco ha posto al governo sulla vicenda Fca, deve «evitare che i benefici ottenuti in Italia non vengano trasferiti di fatto anche al futuro partner».

Buone intenzioni per il futuro Pd, il cui congresso era già rimandato sine die da prima della pandemia. E che nei tre mesi dell’emergenza ha inseguito da gregario le scelte di Palazzo Chigi. Invece nelle ultime due settimane ha ripreso visibilità e mantenuto buoni sondaggi (la distanza con la Lega si accorcia lentamente ma costantemente). Prima con il decreto sui braccianti – portato a casa da un tenace ministro Provenzano che è riuscito a riagganciare i 5s quando il rinvio del provvedimento era considerato inevitabile anche nel Pd. E ora con la vicenda del presunto «statalismo». Alla fine il segretario Zingaretti si è schierato con il suo vice, anche tenendo i toni più bassi di parecchi decibel. Dai gruppi parlamentari Pd il coro è stato (quasi) unanime.

Ora la palla passa al ministro dell’economia Roberto Gualtieri, a volte accusato anche dai suoi colleghi di essere «poco comunicativo». Sarà lui, descritto come poco incline a una stretta delle condizionalità del prestito, a scrivere il decreto ministeriale per autorizzarlo. E non potrà non tenere conto del confronto di questi giorni.

Anche se Orlando nega di aver sollevato la questione per attaccare Gualtieri o addirittura indebolire il governo, o anche solo per marcare uno spazio in vista di un rimpasto: «Siccome indichi i problemi che il governo deve affrontare saresti quello che lo vuole far cadere? Mi sembra un salto logico».

Il bilancio della vicenda è dunque positivo. Ancora ieri Orlando attaccava la destra, prendendo atto che alla fine sia Salvini che Meloni si sono schierati con il gruppo Fca: «Quando si mette al centro del dibattito politico il tema delle scelte e degli interessi dei grandi gruppi economici e finanziari i sovranisti e i populisti, diventano improvvisamente moderati, riflessivi, persino un tantino europeisti».
Ma l’osservazione che più circola nelle chat del Nazareno è il mutismo dei 5 stelle. «Non pervenuti», c’è chi osserva, «in altri tempi si sarebbero scatenati contro Fca e i giornali di riferimento», «segno che quando si esce dal terreno del populismo non sanno che dire» . E invece stavolta si segnala solo una riflessione del reggente Crimi a difesa del governo e contro l’alleato dem. Una frase tagliente, ma rinunciataria: «Assistiamo al surreale dimenarsi da parte di chi era al governo quando Fca aveva deciso di postare la sua sede all’estero. Se qualcuno ritiene che sia necessario imporre ulteriori condizioni, avanzi una proposta: siamo pronti a sostenerla».