Reddito di inclusione, assegno universale per le famiglie con figli e salario minimo legale. Alla vigilia della prima nomina del Colle, Maurizio Martina fa una mossa. Da facebook lancia «una proposta concreta», spiega lui, «a tutti». Ma è chiaro che dopo la minaccia di Di Maio a Salvini di «chiudere un forno», cioè quello dell’accordo con la Lega, in molti leggono nelle parole del reggente Pd un ammiccamento ai 5 stelle. Tanto più che in mattina anche il presidente della camera Roberto Fico ha fatto una mossa: alla riunione dei capigruppo di Montecitorio ha invitato le forze politiche a fare «una riflessione sull’opportunità di esaminare da subito i provvedimenti in materia di carcere»: e cioè la vituperata (dai 5 stelle) ultima parte della riforma Orlando.

L’EFFETTO È QUELLO di un minuetto cortese fra trattativisti delle due opposte fazioni. Un effetto che fa innervosire i renziani. Il capogruppo dem al senato Andrea Marcucci, all’uscita di un incontro con Matteo Renzi, giura che sui punti di Martina la condivisione è «assoluta». Ma alla domanda dei cronisti se si tratta di un mano tesa ai 5 stelle risponde freddo: «Credo che questo dobbiate chiederlo a Martina». Più diplomatico, come sempre, il coordinatore Pd Lorenzo Guerini: «I tre punti sono ciò che aveva detto Martina all’uscita dal Quirinale», spiega, « sono alcune questioni di merito che il Pd pone di fronte al Paese rispetto alle chiacchiere degli altri, nulla più. Servono a esplicitare i punti del nostro impegno nel lavoro parlamentare rispetto ai tatticismi altrui».

DUNQUE NESSUNA APERTURA ai 5 stelle. I renziani guardano con sufficienza all’iniziativa di Martina. Spiega un deputato di rango: «Il reggente ha voluto rispondere all’editoriale del direttore di Repubblica Mario Calabresi». Che, lunedì, chiedeva al Pd di «chiarire quali sono le sue priorità» e di smettere di «stare sulla riva del fiume ad aspettare i fallimenti».

MOSSA «INTEMPESTIVA», dunque quella del reggente, «sbagliata». Che rischia di fornire una ciambella di salvataggio a Di Maio proprio mentre le sue ambizioni di premiership ricevono una potente doccia fredda di realtà. E di regalargli ancora qualche giro di valzer prima di dover ammettere il fallimento.

Per fugare ogni dubbio, dal Pd renziano parte il consueto volume di fuoco all’indirizzo dei grillini. «Di Maio ha fallito», «è l’unico a fingere di non sapere che non sarà lui il prossimo presidente del consiglio», spiega Andrea Romano. Alessia Morani sfotte l’aspirante premier «per i programmi sbianchettati» (il riferimento è alla furtiva sostituzione delle proposte politiche M5S votate dalla rete con altre, diverse, ’pizzicata’ dal Foglio). Persino Francesco Boccia, il più filogrillino del Pd, li prende in castagna: «Abbiamo preso atto dalla relazione di Davide Crippa del M5s che sono favorevoli ai programmi della Difesa per oltre 5 miliardi di acquisto dei droni. È una notizia, i soldi sono già stanziati e il governo glielo ha spiegato ma sono loro che sono contro gli investimenti militari, non noi».

I CAPIGRUPPO DEI 5 STELLE, Toninelli e Grillo, nella risposta a Martina non si sbilanciano. Per oggi è attesa la mossa del Colle, il primo incarico, che dovrà verificare la possibilità di alleanza fra centrodestra e M5S. La proposta del reggente Pd, dicono i due, è «un’iniziativa utile ai fini del lavoro che sta svolgendo il comitato scientifico per l’analisi dei programmi presieduto dal professore Giacinto Della Cananea».

L’INCOLPEVOLE DOCENTE universitario sta svolgendo un lavoro improbo quanto probabilmente inutile: collazionare i programmi del M5S con forze politiche con cui le alleanze non andranno in buca. Quanto al testo del Pd, la società di lobbying Reti ha già fatto buona parte del lavoro: ha analizzato i punti di contatto con il testo (sostituito) dei 5 stelle. Il risultato è che su 60 punti, solo 15 sono incompatibili. Ma sono principali: legge Fornero, lavoro e jobs act, fiscal compat, giustizia, reddito di cittadinanza.

MA SE, MINUETTI A PARTE, fra Pd e 5 stelle, le distanze restano incolmabili, nell’«arrocco dem» qualcosa cambiare. «I processi politici vanno seguiti passo passo», spiegano al Nazareno. La giornata di ieri si apre con la smentita di Matteo Renzi ai retroscena che gli attribuiscono una qualche disponibilità ad un eventuale governo del presidente. «Non esiste», spiegano.

MA SI CHIUDE con un editoriale a firma di Mario Lavia sul sito «Democratica», sempre molto informato sugli umori del Nazareno, dove ha sede. La proposta di Martina, vi si spiega, è «per il bene del Paese, non per ammiccare al M5s». Se invece «va in scena un copione completamente nuovo, ha poco senso ora almanaccare su aperture o chiusure di “forni”». E si conclude: «Non è dunque politicismo, la mossa del “reggente”. Ma realismo. Se si prefigurano una nuova regia, nuovi attori, una nuova sceneggiatura, Martina ritiene sin d’ora mettere carne al fuoco».