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Il suo sguardo intenso e la sua pronuncia dall’inconfondibile accento francese, insieme a delle considerazioni mai banali, avevano accompagnato fin dalla fine degli anni Novanta l’emergere anche nello spazio mediatico del nostro paese della «questione islamica». Sociologo di origine algerina, era divenuto cittadino italiano, che la partecipazione a numerosi talk-show televisivi aveva reso anche un personaggio pubblico, Khaled Fouad Allam è stato ritrovato senza vita ieri mattina poco dopo mezzogiorno in un albergo a due passi dalla Stazione Termini di Roma; per stabilire le cause del decesso, apparentemente inspiegabili è stata disposta un’autopsia.

Sessant’anni, docente di Sociologia del mondo musulmano e Storia dei paesi islamici all’università di Trieste, nonché islamista dell’ateneo di Urbino, autore di numerose pubblicazioni e molto presente con propri interventi anche sulla stampa, Khaled Fouad Allam era stato tra i primi a cimentarsi, affiancando ad un rigoroso lavoro accademico lo spirito del divulgatore, con il difficile compito di spiegare l’Islam e la sua cultura ad un paese troppo spesso abituato ad accontentarsi di stereotipi e luoghi comuni. Nel clima infuocato del dopo-11 settembre aveva prestato il suo volto e le sue parole al tentativo di mantenere aperta una porta alla riflessione e alla complessità delle vicende in atto, pur esprimendo il rigetto e la condanna più ferma nei confronti del fondamentalismo armato. Partendo dall’esperienza vissuta in particolare dall’Algeria fin dalla prima metà degli anni Novanta aveva cercato di descrivere lo sviluppo dell’Islam politico jihadista, senza fare sconti alle responsabilità del mondo occidentale, e dei regimi autoritari della sponda sud del Mediterraneo, ma soprattutto senza sottovalutare la natura specifica e del tutto originale di quanto stava avvenendo.

«Il vero problema – aveva spiegato nel 2002, al momento dell’uscita del suo L’Islam globale (Rizzoli), il suo testo più fortunato poi tradotto nel resto d’Europa – è che sta dilagando in una parte del mondo islamico una cultura della morte, legata sì a delle situazioni molto complesse ma non per questo meno pericolosa. Siamo di fronte allo sviluppo di un nuovo tipo di terrorismo, dove il corpo non ha più alcun significato, anzi diventa uno strumento di distruzione».

In particolare, a proposito dei riferimenti pseudo-religiosi spesso esibiti dagli jihadisti, lo studioso aveva parlato apertamente di «un “dirottamento” semantico del Corano». Umanista convinto e fautore di un approccio laico ma rispettoso al «fatto religioso», insieme alle pubblicazioni accademiche, negli ultimi anni aveva dato alle stampe numerosi testi destinati al grande pubblico, tra cui Lettera a un kamikaze (Rizzoli), La solitudine dell’occidente (Rizzoli) e L’islam spiegato ai leghisti (Piemme), Il jihadista della porta accanto (Piemme). Eletto alla Camera nel 2006 per l’Ulivo, Fouad Allam aveva in seguito aderito al Partito Democratico ed era membro del Partito radicale transnazionale.