«Questa è la casa di Tarzan uccisore di belve e di molti negri. Non danneggiate le cose di Tarzan. Tarzan vi osserva». Così si legge in Tarzan delle scimmie, primo volume della serie dedicata all’uomo scimmia di Edgar Rice Burroughs. Eppure, cardine dell’immaginario collettivo occidentale, Tarzan ha perso strada facendo la sua forza eversiva, trasformato nell’epitome del buon selvaggio rousseauiano. Simbolo della resistenza umana di fronte all’avanzata industriale, piuttosto che radicalizzazione dello spirito robinsoniano del capitale e della cultura bianca.

Attraverso la rielaborazione instancabile che l’industria culturale ha compiuto della sua immagine, Tarzan in quanto mitologema è stato progressivamente spogliato della sua identità e custodita solo dai filologi della letteratura popolare e fantastica statunitense. Dino Buzzatti, nella presentazione della serie di Tarzan per Giunti Bemporad Marzocco del 1971 notava che «l’invenzione fondamentale è felice e mi sembra possa esercitare ancora una forte presa, nonostante le romantiche sirene ottocentesche dell’Africa Nera siano ormai in completo ribasso». Osservazione che ci porta direttamente a questa ennesima avventura di produzione tedesca di Tarzan che si presenta sia come remake del film d’animazione Disney di Chris Buck e Kevin Lima che come riscrittura delle origini del Re delle scimmie. Tarzan è sempre un Greystoke e i suoi genitori, animati da spirito ecologista, sono alla ricerca del misterioso meteorite che ha cancellato dalla faccia della terra i dinosauri e che potenzialmente potrebbe risolvere i problemi energetici del pianeta.

Retto da una voce fuoricampo che accompagna costantemente le azioni e i pensieri del protagonista, il film di Kloos accentua il ruolo di paladino ecologico di Tarzan, che scende in campo addirittura contro le multinazionali energetiche. In realtà il film, più che guardare a Tarzan, sembra essere un biglietto da visita dell’industria cinematografica tedesca che si cimenta da pari a pari con le innovazioni digitali del settore. Impressionanti i dettagli resi grazie all’effetto 3D, mentre la motion capture dei protagonisti è nella media di prodotti simili. Per quanto riguarda il volo di Tarzan fra le liane, Kloos elabora i movimenti di quello disneyano rendendoli ancora più fluidi, ma si nota la mancanza di un’idea forte.

Per il resto, il film di Kloos è piuttosto inerte, privo di un’autentica vivacità drammatica, inchiodato com’è a un’esemplarità morale che non tiene conto che i bambini oggi sembrano cavarsela molto più egregiamente degli adulti in un mondo di valori lontani dal b/n, non solo tecnico, dei meravigliosi film che W. S. Van Dyke e Kurt Neumann avevano tratto dai volumi della più famosa creazione letteraria di Edgar Rice Burroughs.