Nessuna volontà di mettere i bastoni tra le ruote al governo Renzi, di «impedirgli di governare», anzi. Ma «la minoranza del Pd svolgerà un ruolo autonomo facendo valere il suo punto di vista sul programma, soprattutto sui temi sociali», spiega Cesare Damiano, dell’area Cuperlo. Il documento che affronterà i temi della politica economica, del lavoro, dei diritti, del rapporto con l’Europa e delle riforme, annunciato per oggi dall’ex viceministro Stefano Fassina, è però ancora in fase di discussione, di bozza, e sarà illustrato nei prossimi giorni. Ma presentarlo al premier in pectore «è senz’altro opportuno», ritiene Damiano.

Anche se al momento la minoranza – forte di una nutrita pattuglia parlamentare da far pesare, con quasi il 50% dei gruppi – non si presenta compatta, non foss’altro perché ancora ieri sera il «giovane turco» Matteo Orfini spiegava: «Il documento? Non ne so assolutamente niente, non so nemmeno chi ci sta lavorando, quando ce lo presenteranno vedremo se ci piace». In ogni caso «se si va verso un patto alla tedesca è bene discutere su cosa ci sarà su quei punti». E poi ci sono Pippo Civati e i suoi che arrivano a mettere in discussione anche la fiducia al governo. Mentre l’ex senatore Vincenzo Vita si chiede «se ha ancora senso stare dentro un mondo in cui è difficile riconoscersi», il Pd, visto che «si profila un governo ancor più spostato a destra di quello precedente, e ciò che ha un sapore di sinistra appare ormai messo definitivamente in soffitta».

Alle «consultazioni» con Matteo Renzi dovrebbe andare Gianni Cuperlo, che confessa il disorientamento, la preoccupazione per la scelta «oggettivamente traumatica» compiuta dalla direzione Pd, con il voto dello stesso ex presidente e di gran parte della minoranza: la defenestrazione di Enrico Letta da palazzo Chigi. I «dubbi» sollevati da quella scelta sono andati anche «al di là di quanto avessimo immaginato», dice ancora Cuperlo. E i gazebo semivuoti in occasione delle primarie per l’elezione dei segretari regionali del partito sono lì a dimostrarlo. Se in direzione «avevamo sollecitato una discussione che partisse dai contenuti, ora è il momento di farlo», dice ancora Cuperlo che al presidente del consiglio incaricato chiede dunque di «illustrare su quali basi, obiettivi, traguardi intende fondare quel cambiamento profondo che è l’unica giustificazione per le decisioni assunte negli ultimi giorni», spiegando che appunto sarà presentato a Renzi un «contributo programmatico». Per quanto riguarda eventuali incarichi di governo, tra i cuperliani ipotizzano di non accettare incarichi di primo piano, eventualmente cercando di confermare le caselle occupate nel governo Letta, ma in ogni caso «aspettiamo di sentire da Renzi cosa ci propone».

Se la minoranza fatica a superare il «trauma» della direzione di govedì 13, cercando di imprimere la sua impronta sul programma, anche la guida del partito, con il segretario lanciato verso palazzo Chigi, torna in discussione. A lasciare la segreteria Renzi non pensa minimamente. Ma con lui a palazzo Chigi «bisognerà immaginare forme di gestione del partito diverse da quelle attuali o degli ultimi mesi», dice Orfini. Riaprire la partita perché come dice Ugo Sposetti il doppio incarico «non esiste proprio»? «Decida lui se nominare un reggente, un vice – dice ancora Orfini – Ma va nominato anche un presidente, visto che siamo senza». Come plenipotenziario del premier incaricato si fa ancora il nome di Lorenzo Guerini. Se il portavoce della segreteria andrà al governo, la reggenza potrebbe essere affidata a Luca Lotti con Deborah Serracchiani.