Finalmente una parolina buona. «L’Italia con Mare Nostrum ha salvato migliaia di persone. L’Italia non è sola», ha garantito ieri il Commissario europeo per gli Affari interni Cecilia Malmstrom in un breve intervento al Quirinale. Poche parole, ma inutili. Staremo a vedere. Oggi non morire è la migliore delle non notizie. E quasi mille persone al giorno ormai sono ordinaria amministrazione. Tanto più se ce l’hanno fatta.

Ieri il «mare nostro» non ha restituito altri cadaveri (anche se visto il traffico intenso sarebbe meglio tacere per scaramanzia) ma solo esseri umani da assistere. Con uno sbarco agevole, quasi lussuoso, quaranta persone, venti donne e venti uomini, sono sbarcate in Calabria (a Crotone) dopo aver viaggiato a bordo di un gommone lungo dieci metri con tre motori fuoribordo. Sono stati tutti trasferiti nel centro di prima accoglienza di Isola Capo Rizzuto. Sono siriani e somali, hanno detto di essere partiti da una non meglio precisata località della Grecia e di aver viaggiato circa 6 ore. Secondo la Guardia di Finanza di Crotone lo stesso gommone – poi abbandonato dagli scafisti – fin dallo scorso maggio potrebbe essere stato utilizzato da una «organizzazione criminale» per trasportare migranti in Calabria.

Più tradizionale, e drammatica, la rotta degli altri 834 migranti salvati la scorsa notte dalla marina militare nel canale di Sicilia: la nave Vega ha raccolto prima 236 persone e poi altre 195, mentre la San Giorgio ne ha salvate 403 a sud est di Capo Passero. Tre interventi nel giro di poche ore che dicono di una situazione ormai totalmente fuori controllo.

Intanto resta incredibilmente sullo sfondo, come un ricordo sbiadito, la tragedia dei 45 migranti asfissiati nel peschereccio trascinato nel porto di Pozzallo. Ieri la polizia ha fermato altri due presunti scafisti, e così salgono a quattro le persone accusate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (per il viaggio avrebbero ricevuto 15 mila euro dai trafficanti). Domani nel comune del ragusano ci sarà una fiaccolata in ricordo delle vittime, lo ha voluto il sindaco Ammatuna, così come la funzione multi religiosa. Non ci sono aggiornamenti invece sui due naufragi avvenuti nei giorni scorsi in cui avrebbero perso la vita altri ottanta migranti.

Ogni giorno è come il bollettino di una guerra persa in partenza dichiarata dall’Europa. Forse non è un caso se, nel silenzio generale della politica, ieri gli unici a prendere parola sono stati la ministro della Difesa Roberta Pinotti e il capo di stato maggiore della Difesa Luigi Binelli Mantelli. L’approccio di Roberta Pinotti ha qualcosa di surreale, se è vero che nel deserto di iniziative messe in campo sta pensando di chiedere al governo libico di coordinarsi con le Nazioni unite per aiutare i profughi. «Il nuovo governo libico – sogna Pinotti – potrebbe favorire un’intesa tra quel paese e l’Onu. Si potrebbe chiedere alla Libia di fare richiesta all’Unhcr di intervenire per evitare tragedie ulteriori, magari aprire campi umanitari sotto il controllo dell’Onu». Campi umanitari in Libia: un ossimoro che non tiene conto della storia, della realtà e del trattamento disumano che i migranti hanno sempre subito in Libia. Eppure Pinotti vede «spiragli» per un rinnovato rapporto di collaborazione con Tripoli, anche grazie all’interessamento dell’Europa – «ora ci ascolta». Meno fantasiosa, e chissà come mai non ci ha pensato prima, l’ipotesi («è allo studio») di investire 130 milioni per utilizzare qualche caserma come «centro di accoglienza».

Anche l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli lancia una sorta di appello all’Europa: «Deve capire che le coste siciliane non sono il porto d’Italia, ma di tutto il continente. C’è il problema dei rifugiati e lo si deve risolvere sulle coste di partenza, non su quelle di arrivo». È la filosofia della fortezza Europa, ma da buon militare Binelli Mantelli sa che per affidarsi alla Libia «occorre un interlocutore istituzionale certo». E non bande che non hanno alcun interesse a impedire partenze di migranti che pagano migliaia di euro per rischiare assurdamente la vita.

La situazione è così fluida che si presta come sempre alla drammatizzazione più scomposta, come quando si ipotizzano «invasioni» di milioni di persone pronte a divorare l’Europa, nemmeno fossero cavallette. L’ultima cifra tonda la spara l’Espresso oggi in edicola: «Tre milioni di persone sono pronte a partire dalla Libia per l’Italia» (Alfano aveva detto sei). Insomma, tenendo conto che già quest’anno potrebbero arrivare circa 100 mila migranti, e calcolando i profughi di tutte le guerre, «potremmo essere soltanto all’inizio del peggio». Una valutazione piuttosto ottimistica: il peggio è già stato oltrepassato.