Noo Saro-Wiwa, figlia dello scrittore e attivista politico Ken Saro-Wiwa, è ospite al Festivaletteratura di Mantova 2015 (dove ieri ha anche partecipato alla «marcia degli scalzi»). Nel suo romanzo d’esordio In cerca di Transwonderland, il mio viaggio in Nigeria – in Italia uscito per 66thand2nd – racconta uno dei paesi più popolosi e corrotti al mondo da un punto di vista genuino e insolito: quello di una turista contemporaneamente frustrata e affascinata da sconfinati orizzonti. A bordo di pericolosi okada, Noo si sposta dalla caotica Lagos all’asettica Abuja fino all’arido nord musulmano, raggiungendo l’antico impero del Benin e le regioni più remote, contraddistinte da una natura selvaggia e da una molteplicità di popoli, con usi e costumi altrettanto sorprendenti.

A metà tra narrativa di viaggio e narrazione autobiografica, l’opera mostra una visione del paese natale che è, allo stesso tempo, quella di un insider/outsider. Vissuta in Gran Bretagna con la madre e i fratelli sin dall’età di tre anni, la scrittrice ricorda come il peggiore degli incubi le vacanze estive che trascorreva in Nigeria quando, lei bambina, andava a trovare i parenti, lottando con caldo e zanzare in luoghi senza elettricità né acqua corrente. Quelle vacanze vennero bruscamente interrotte dalla morte di suo padre (fu ucciso nel 1995 dal regime di Abacha per essersi schierato a difesa dei diritti delle popolazioni Ogoni sul Delta del Niger, che contrastavano lo sfruttamento esercitato dalle compagnie petrolifere internazionali, ndr) e poi dal suo stesso esilio volontario.

Saro-Wiwa si è imbarcata, ormai adulta, in un viaggio di riconciliazione, denunciando il fallimento della Nigeria a progredire in senso moderno e democratico, criticando gli effetti disastrosi di corruzione governativa e nepotismo dilagante. L’autrice mantiene tuttavia un tono generale ottimista e ironico, non dimenticando le bellezze e i punti di forza di questo sconfinato paese.

Perché a quasi vent’anni dalla morte di suo padre, e dopo l’«esilio» dalla Nigeria, ha deciso di pubblicare questo libro?
Per molto tempo ho desiderato scrivere di viaggi in generale, esplorando diversi paesi. Transwonderland è stata semplicemente un’esplorazione della mia patria. Ho percorso l’Africa e, a un certo punto, ho sentito il desiderio di tornare in Nigeria con una nuova prospettiva. L’idea di una Nigeria come destinazione turistica mi pareva affascinante, dato che è uno dei paesi più interessanti e complessi della terra: pazzo, concreto, meraviglioso e terribile. Contiene tutti gli estremi. Le persone sono sincere, danno voce alle loro opinioni e sfoderano un irresistibile senso dell’umorismo. È il posto perfetto per scrivere un libro di viaggio, si ha sempre la garanzia di fare esperienze intriganti. Credo anche che la letteratura di viaggio sia il modo migliore per perlustrare un paese. A differenza del giornalismo, si possono narrare avvenimenti apparentemente minori, che rivelano qualcosa di importante di una data società. Sapevo che altri nigeriani della diaspora avrebbero condiviso le mie esperienze e osservazioni, così pensavo a loro mentre scrivevo. Tuttavia, ero consapevole del fatto che la scrittura di un libro di viaggio è rivolta a chiunque e che dovevo spiegare storia e scenario a tutti.

Gli scrittori africani della diaspora sembrano avere un pubblico internazionale più vasto e riscuotere maggior successo di quelli che rimangono nel paese d’origine… Sente di appartenere a una comunità di espatriati?
Sfortunatamente, il successo per la letteratura africana dipende dal riuscire a ottenere contratti con editori occidentali e – cosa ancora più importante – dall’aver ricevuto una buona educazione di base (dentro o fuori dalla Nigeria). È assai più facile avere possibilità di pubblicazione se si parla bene la lingua inglese. Gli scrittori cresciuti nelle loro patrie sono svantaggiati perché gli standard scolastici nigeriani sono peggiorati negli ultimi trent’anni. Molte persone non sono in grado di elaborare una richiesta di assunzione decente, figuriamoci un romanzo. E gli studenti, oggi, non hanno facile accesso ai romanzi. Quando visitai l’università di mio padre a Ibadan, fui scioccata da quanti pochi libri possedesse il dipartimento di inglese. I libri sono troppo costosi per il nigeriano medio (più di una settimana di salario) e la loro distribuzione è limitata. I migliori scrittori imparano la loro arte semplicemente leggendo la migliore letteratura, ma gran parte della popolazione nigeriana è tagliata fuori dalla letteratura globale. Mi considero una scrittrice diasporica, ma non tutti i miei libri futuri avranno a che fare con argomenti africani.

Nel libro, dimostra una divertente dipendenza dai film di Nollywood. Pensa che questa cinematografia abbia un reale impatto sociale e possa crescere, varcando i confini del paese e del continente?
Ho imparato ad apprezzare i film di Nollywood mentre attraversavo la Nigeria. Li guardavo ogni sera, nella stanza, in hotel, prima di andare a dormire. Alcune delle trame erano veramente buone. Ovviamente, la qualità della produzione e del dialogo sono solitamente terribili, ma i film possono risultare piacevoli da guardare. Lo stesso vale per gli show della tv occidentale: il pubblico diventa dipendente di soap opera americane come Beautiful anche se sono spazzatura. Tuttavia, non guardo mai film di Nollywood quando sono a Londra: li trovo interessanti solo quando sono in Nigeria, nella società che essi riflettono. Penso che Nollywood abbia contribuito a creare una forte identità culturale negeriana nel continente africano. Avere attori nazionali di successo è un’acquisizione relativamente recente. L’industria fornisce anche posti di lavoro, non solo attori ma disegnatori di copertine, distributori, etc. E questo in un paese dove l’imprenditorialità è stata a lungo ostacolata, offrendo nuove interessanti opportunità.

Crede che anche il turismo possa essere una nuova e reale opportunità per l’economia della Nigeria?
La Nigeria ha un forte potenziale turistico. È una grande nazione con così tanti e diversi paesaggi e culture. Il turismo tuttavia non può svilupparsi da solo. Bisogna prima organizzare altre componenti dell’economia, come le strade, la rete di trasporti domestici, il sistema di aria condizionata e la generale fornitura energetica, la legge e l’ordine pubblico. Una volta che queste cose saranno assestate, allora i turisti di massa verranno.

Ha un ricordo personale particolarmente caro di suo padre? Quanto ha influenzato il suo essere una scrittrice e una giovane intellettuale espatriata, oggi?
Mio padre raccontava bellissime storie della buonanotte. Non dimenticherò mai la storia del coniglio che mangiò troppo a cena. Si sentiva così pieno che credeva non avrebbe mai più mangiato nulla e vendette la sua intera fattoria. Ovviamente se ne pentì amaramente non appena fu di nuovo affamato: mio padre raccontava questa favola morale in una maniera tale che io e i miei fratelli ridevamo a crepapelle ogni volta. Non credo che sia stato lui ad influenzare la mia decisione di diventare una scrittrice. Mentre crescevo, vedevo la sua scrittura come la sua professione e nulla più. Casomai, sono stata ispirata da autori come Nabokov e Paul Theroux. Voler scrivere un libro è un’ambizione universale. Mio padre ha comunque instillato in me l’amore per la lettura. Mi comprava molti libri e mi incoraggiava a leggerli, sin da quando ero bambina. Aveva anche un profondo interesse politico: quando tornavamo al villaggio durante le vacanze scolastiche, ci parlava dell’inquinamento causato da Shell. La sua morte mi ha costretto ad affrontare certe tematiche. Ritengo del tutto naturale essere intellettualmente impegnata: se fai parte di un movimento diasporico, non puoi evitare di ragionare sulle diverse società. La familiarità con due culture implica che tu veda somiglianze e differenze tra paesi e che tu ti chieda quale sia la motivazione di quelle discrepanze.