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«La mia famiglia, vittima della Shoah, fuggita per le accuse di antisemitismo»

«La mia famiglia, vittima della Shoah, fuggita per le accuse di antisemitismo»Yuval Abraham e Basel Adra durante la premiazione alla Berlinale – foto Ansa

Arte e politica Conversazione con gli autori di "No Other Land", dopo gli attacchi ricevuti alla Berlinale. Basel Adra è palestinese, Yuval Abraham israeliano e ha ricevuto minacce di morte per i suoi discorsi

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 29 febbraio 2024
Micol MeghnagiAT-TUWANI (CISGIORDANIA)

La città di Betlemme dista poco più di trenta chilometri dal villaggio di At-Tuwani. Il lungo traffico, causato dalle decine di posti di blocco e dal muro di separazione israeliano, scandisce il tempo minuto dopo minuto e trasforma il breve tragitto in un percorso ad ostacoli. Basel Adra ci accoglie nella sua casa nel villaggio di At-Tuwani, tra le colline del sud della Cisgiordania occupata, con una tazza di caffè bollente.

È RIENTRATO da qualche ora dalla 74esima edizione del festival internazionale del cinema di Berlino, dove il suo No Other Land, co-diretto insieme agli israeliani Yuval Abraham e Rachel Szor e al palestinese Hamdan Ballal, è stato premiato come miglior documentario. Il film nasce dall’incontro sul campo tra Yuval e Basel, «ho conosciuto Yuval cinque anni fa – racconta Adra – quando è arrivato a Masafer Yatta per documentare la realtà dell’occupazione militare e le violazioni dei diritti umani da parte dell’esercito e dei coloni israeliani. Abbiamo iniziato a girare nell’estate del 2019, per provare a restituire visibilità alla mia comunità che vive nell’incubo costante di demolizioni e trasferimenti forzati».

Sul palco del Festival di Berlino, durante la cerimonia di premiazione in cui quasi tutte le artiste e gli artisti hanno chiesto il cessate il fuoco a Gaza, Abraham ha apertamente criticato il sistema israeliano: «In una società di apartheid gli israeliani e i palestinesi non sono uguali per definizione. Basel ed io viviamo a pochi chilometri di distanza, eppure lui non ha il diritto di votare e muoversi liberamente, come milioni di palestinesi rinchiusi in Cisgiordania. Io rispondo alla legge civile, mentre Basel a quella militare: si stratta di due sistemi legali differenti sanciti dallo stesso Stato» ha detto. In seguito alle sue dichiarazioni, divenute virali e bollate come «antisemite» da diversi esponenti politici tedeschi, si è visto costretto a cancellare il suo volo di ritorno a causa delle numerose minacce di morte ricevute, mentre la sua famiglia è stata obbligata a fuggire dalla propria abitazione: «Questa mattina hanno bussato a casa dei miei genitori in Israele e un gruppo di estrema destra li ha minacciati, sono stati costretti a trasferirsi in un’altra città per motivi di sicurezza» ci racconta Abraham in collegamento da Berlino. In un tweet aveva scritto: «Poiché mia nonna è nata in un campo di concentramento in Libia e la maggior parte della famiglia di mio nonno è stata uccisa dai tedeschi durante l’Olocausto, trovo particolarmente scandaloso che i politici tedeschi nel 2024 abbiano l’audacia di usare questo termine – “antisemita”, ndr – contro di me in un modo che mette in pericolo la mia famiglia. Ma soprattutto, questo comportamento mette in pericolo la vita del co-regista palestinese Basel Adra, che vive sotto un’occupazione militare circondata da insediamenti violenti a Masafer Yatta».

Non è co-esistenza ma co-resistenza, affinché la condizione di apartheid possa finire, e tutti gli abitanti tra il fiume Giordano e il mare possano vivere con eguali diritti
QUEST’ULTIMA è un’area rurale al sud di Hebron, dove sorgono 20 villaggi palestinesi abitati da 3.000 persone. I villaggi si sviluppano in piccoli agglomerati costituiti per lo più da case prefabbricate, tende e caverne. All’inizio degli anni Ottanta, in spregio al diritto internazionale, Israele dichiarò una parte della regione «Firing Zone 918», ovvero zona di addestramento militare, con l’intento di favorire la propria espansione coloniale. Dopo anni di battaglie legali, nel 2022 la corte suprema ha dato il via libera all’esercito israeliano di demolire l’intera area. Dalla nascita di Adra, nel 1996, Masafer Yatta è stata distrutta e ricostruita più volte di quante se ne possano contare.

No Other Land si apre con il primo ricordo di Basel, dove i soldati israeliani fanno irruzione nella sua casa e arrestano il padre (tra i leader della resistenza non violenta nella regione, ndr): «La telecamera è un mezzo per denunciare ma anche per proteggerci, nella speranza che la comunità internazionale agisca e metta un punto alla violenza coloniale». Una speranza che continua a persistere non solo tra gli abitanti di Masafer Yatta, ma anche nel documentario crudo e furioso che Adra ha co-diretto sul tentativo decennale dello Stato di Israele di portare a compimento il processo di pulizia etnica della Palestina. «Siamo cresciuti con le telecamere in mano, sempre pronti a correre da una parte all’altra, qualora i coloni o i soldati facessero irruzione nel nostro villaggio, o in quelli limitrofi – continua Adra – lo stesso fanno gli attivisti presenti nella regione, che insieme a noi cercano di denunciare la realtà dell’occupazione – e ancora – questo documentario è la mia storia, la storia della mia comunità, di milioni di palestinesi che in questo momento stanno subendo un attacco senza precedenti».

Siamo cresciuti con le telecamere in mano, sempre pronti a correre da una parte all’altra, qualora i coloni o i soldati avessero fatto irruzione nel nostro villaggio o in quelli limitrofi
Il film è scandito in capitoli che espongono l’implacabilità dell’offensiva dell’esercito israeliano, tra demolizioni, scontri, e soprusi quotidiani. Carri armati, soldati e poliziotti in tenuta antisommossa fanno irruzione nel villaggio di Susya, annichiliscono e distruggono, mentre i residenti palestinesi si affrettano a raccogliere i loro beni. Il primo incontro tra Adra e Abraham avviene nel mezzo di questo tumulto, ed è sancito dalla realtà delle loro differenze. Il rapporto di amicizia profondo tra Adra, avvocato, giornalista e attivista palestinese, e Abraham, giornalista israeliano, e le strutturali dinamiche di potere che intercorrono tra i due, sono il fil rouge di No Other Land. La presenza degli attivisti israeliani tra le colline aride di Masafer Yatta ha origini lontane, «non è co-esistenza, ma co-resistenza» – ci dice Abraham.

No Other Land assume una nuova tragica urgenza alla luce del fatto che almeno 30.000 palestinesi hanno perso la vita nel corso dell’operazione militare israeliana nella striscia di Gaza. Nel frattempo, la Cisgiordania è in mano a coloni armati che si aggirano tra le valli, terrorizzano, depredano e uccidono. Dal 7 ottobre, la violenza dell’occupazione militare ha raggiunto picchi drammatici, «nei primi giorni di guerra, sedici comunità palestinesi sono state sfollate con la forza – continua Adra – coloni armati hanno sparato a mio cugino mentre usciva dalla moschea, ormai è divenuto impossibile distinguerli dai soldati». Dal palco della Berlinale, i co-direttori Adra e Abraham, hanno esortato la Germania a «rispettare gli appelli delle Nazioni Unite e a smettere di inviare armi ad Israele». «Continuo a sostenere con forza ogni mia parola – afferma oggi Abraham – se questo è il senso di colpa dei tedeschi per aver sterminato la mia famiglia nella Shoah, possono tenerselo».

LE ACCUSE di antisemitismo riflettono l’atmosfera di silenziamento, censura e repressione di chiunque esprima critiche alle politiche di Tel Aviv. In Israele, la persecuzione politica nei confronti dei palestinesi cittadini di Israele, così come degli attivisti ebrei israeliani, viene fomentata e legittimata dagli stessi esponenti della Knesset. In Europa, lo stigma dell’antisemitismo è divenuto la clava per reprimere la solidarietà con la Palestina e stringere la cinghia sulle politiche migratorie. Tra tutti, è proprio la Germania a detenere il record di arresti e licenziamenti. La beffa vuole che, in percentuale, la maggior parte delle persone sotto indagine con l’accusa di antisemitismo siano gli stessi ebrei, mentre gli esponenti delle istituzioni apertamente antisemiti, ma filo Netanyahu, rimangono impunti. No Other Land è una denuncia dolorosa della realtà sotto occupazione militare israeliana, ma anche un atto di resistenza, un invito coraggioso ad uscire dalla logica del nemico, a rompere barriere e polarizzazioni, per usare le parole di Abraham, «affinché la condizione di apartheid che divide i palestinesi dagli israeliani possa finire, e tutti gli abitanti tra il fiume Giordano e il mare possano vivere con eguali diritti e in giustizia».

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