«Con il suo caos complesso e bellissimo, il Libano è stato di grande ispirazione. Amo il Paese e gli abitanti ma siamo governati da una classe politica criminale» racconta Mounia Akl, giovane regista libanese residente tra Beirut e New York, alla Mostra del cinema di Venezia con il suo primo lungometraggio Costa Brava presentato nella sezione Orizzonti Extra. Saleh Bakri e Nadine Labaki interpretano il padre e la madre della famiglia Badri, ritiratasi in un ambiente isolato e protetto in seguito alla frustrazione per il fallimento dei movimenti di protesta di cui avevano condiviso pratiche e ideali. Lo scorrere sereno dei giorni è però interrotto dalla costruzione di una discarica proprio di fronte alla loro casa, in risposta ad una grave crisi dello smaltimento dei rifiuti, traboccanti per le strade della lontana città. «Per me la famiglia è un microcosmo che rispecchia la società intera» afferma la regista a cui abbiamo posto alcune domande durante il festival.

Quanto c’è della sua storia personale in Costa Brava?

Scrivo sempre a proposito di ciò che conosco direttamente, non potrei fare altrimenti. Credo che i personaggi del film rispecchino le diverse facce della mia relazione con il Libano. All’inizio della scrittura mi rispecchiavo più nella madre, ero speranzosa in un cambiamento, quando ho terminato le riprese mi sentivo più come il padre, rassegnata e convinta che la città ci è stata ormai tolta.

Una scena da Costa Brava

La politica è sullo sfondo ma allo stesso tempo molto presente.

Non volevo parlare di politica, ma è non è separabile dalle vicende quotidiane. Quando l’elettricità arriva per sole quattro ore al giorno, si tratta di vita ordinaria ma allo stesso tempo è politica perché le responsabilità sono di una classe corrotta al governo. Per i giovani filmmaker come me non è semplice, tutta la l’energia creativa viene rubata dall’impegno per sopravvivere. Quando non ci sono i collegamenti internet o la benzina viene erogata solo per poche ore al giorno, non sai come pianificare la tua vita e tantomeno creare.

La crisi dei rifiuti, determinante per le vicende del film, è realmente accaduta.

Sì è successo nel 2015, era una perfetta metafora per tutto ciò che non funziona nel Paese. Un problema ecologico che nuoce all’ambiente è stato scatenato dalla volontà dei politici di fare soldi con un accordo vantaggioso sullo smaltimento dei rifiuti.

Beirut ha un ruolo particolare per i personaggi, da un lato la desiderano fortemente, dall’altro sembrano quasi temerla. Come mai?

Nella capitale ho tutti i miei ricordi più belli, conosco ogni angolo, ma oggi purtroppo la città è sfigurata. Porto ancora le cicatrici di quando ho rischiato di morire a causa dell’esplosione al porto di un anno fa, un altro evento che rimanda alle colpe della classe politica. Nel film i personaggi desiderano Beirut come qualcuno che ami ma allo stesso tempo sai che non è più lo stesso. Lottare per il cambiamento è sempre più difficile, speriamo che le elezioni del 2022 possano determinare una svolta.