Cultura

La meravigliosa Milano di Bonvesin de la Riva

Mostre a Milano opere sulla città lombarda

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 16 luglio 2015

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Per capire Tutti i colori tranne il grigio. La meravigliosa Milano di Bonvesin de la Riva, la mostra a cura di Giuseppe Frangi che ha inaugurato la nuova stagione espositiva di Casa Testori, procrastinata al 19 luglio con l’inserimento di due nuovi lavori, bisogna elencare una serie di numeri. Sono i numeri di Milano, sono le cifre che Bonvesin de la Riva ha sparpagliato circa 700 anni fa nel suo celebre libro: De Magnalibus Mediolani. Le meraviglie di Milano, uscito con introduzione e note di Maria Corti e traduzione di Giuseppe Pontiggia negli anni Settanta e ristampato da Bompiani nel 2010 con l’aggiunta di una puntuta prefazione di Vittorio Sgarbi e riproposto oggi in nuova veste grafica. E sono cifre che accatastano uomini del posto e di fuori, mestieri nobili e vili, luoghi di culto e di società, piazze e fontane come mercati e orti.

Scoperto l’appoggio letterario e lasciando nel mistero la biografia del maestro di grammatica – l’occasione d’un approfondimento la dà proprio la mostra – tocca ora svelare il percorso impaginato dalla chiamata a Casa Testori di una ventina di designer e illustratori che sotto la suggestione di Bonvensin realizzassero la loro idea di Milano. Aiutati dalla lettura «a piedi» consegnata da Luca Doninelli, deus ex machina del comitato promotore insieme ad alcuni dei migliori art director di quotidiani e testate nazionali, gli illustratori, la maggior parte compresa nella generazione nata tra gli anni settanta e gli anni ottanta, hanno di fatto preso possesso delle stanze di Casa Testori ed ognuno a modo proprio ha inteso sviluppare un proprio personale ritratto di città.

Dalla cantina al primo piano passando per i locali di servizio e il grande patio aggettato sul giardino, ancora una volta è stata espansa quell’idea di site-specific cara all’Associazione Testori che sottintende qualsiasi loro iniziativa. L’ulteriore supplemento espositivo dovuto alla collocazione nel giardino di due sculture di Olimpia Zagnoli, illustratrice di fama, nel suo carnet figurano collaborazioni con il New York Times, The New Yorker, Time, La Repubblica, Marie Claire, New York Magazine, Rolling Stone, che di fatto ha allungato al 19 luglio e aperto la mostra alla sua fase «due» ripensa in chiave «en plein air» e «a chilometro zero» le buone pratiche di gestione e di governo redatte più di 700 anni fa da Bonvesin. Detto questo: ci sono i lavori che partono dalla cantina vinicola di Bonvesin fino all’incrocio intellettuale di una città, verticale e dapprima orizzontale, che fa della propria urbanizzazione il proprio punto di forza e di accoglienza: i numeri scritti su mura domestiche da Elyron rinserrano per un confronto statistico non solo le date del 1288 e del 2015 statistico, ma nascondono citazioni biografiche testoriane (come il vezzo di appuntare i numeri telefonici sulla parete del proprio studio in Brera) al pari delle forme geometriche che s’acquartierano nei modi più imprevedibili e sorprendenti per dimensione e uso promiscuo dei materiali.

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