Nel corso dei millenni, erodendo la terra, i corsi d’acqua hanno creato centinaia di grotte celate dagli alberi maestosi della foresta slovena. Al loro interno si possono ancora oggi trovare le tracce degli uomini preistorici che migliaia di anni fa vi trovavano riparo. Ma la foresta non custodisce solo la memoria dei nostri antenati: all’ombra dei suoi alberi si trovano, per chi sa osservare, le tracce della Storia – una stratificazione progressiva della memoria raccontata da Greetings from Free Forests di Ian Soroka, il vincitore del concorso internazionale di DocLisboa 2018.

Le radici degli alberi e il canto degli uccelli hanno conservato nei secoli il segreto delle orecchie d’asino dell’imperatore Traiano, come vuole la leggenda narrata da una voce fuori campo in apertura del film: allo stesso modo la foresta custodisce una memoria condivisa che varca i confini della Slovenia e dell’ex Jugoslavia, e parla a tutti gli spettatori. Sottoterra ad esempio sono seppelliti i partigiani vittime di un’esecuzione sommaria da parte delle truppe tedesche e italiane durante la seconda guerra mondiale.

GLI ANZIANI che assistettero a quegli eventi parlano della lotta di cui la foresta è stata testimone indifferente: «Nessuno era a casa qui – dice una donna – non i partigiani, né i tedeschi, né gli italiani». Ma da quei boschi è anche partita la riscossa, fra gli alberi si trova ancora oggi la base della resistenza meglio nascosta di tutta Europa, dove si riuniva il Comitato Centrale del Partito Comunista e che oggi è meta di gite scolastiche – purtroppo sempre meno come dice una guida turistica: i ricordi nascosti nel profondo della foresta rischiano di andare perduti.

E le memorie celate o «esibite» dai luoghi sono le protagoniste di molti dei film di DocLisboa. In We Are the Sons of Your Rocks di Ivan Salatic (concorso internazionale) è ancora una volta la terra a nascondere al suo interno il cadavere di un uomo ucciso durante la seconda guerra mondiale. Siamo in Montenegro, e un contadino ha sentito da suo padre la storia del maggiore italiano giustiziato da una squadra di partigiani, e cercato invano dalla sua famiglia dopo la fine del conflitto. Lui e gli amici ricordano quei tempi, la loro infanzia, cercano di risalire al luogo esatto della tomba senza nome – nell’impossibilità però di sapere con certezza quanto i loro ricordi aderiscano alla realtà: il segreto, ancora una volta, è custodito dalla natura.

LA AVENIDA Almirante Reis invece – lungo viale nel cuore di Lisbona – non porta ormai che il nome dello sfortunato ammiraglio a cui è intitolata: un militare carbonaro che agli inizi del ’900 tramava per il sovvertimento della monarchia, e che si suicidò pochi giorni prima della proclamazione – nell’ottobre 1910 – della Repubblica, convinto erroneamente di essere stato abbandonato dai suoi uomini. La sua triste storia è raccontata in apertura di Avenida Almirante Reis em 3 Andamentos di Renata Sancho, presentato nel concorso portoghese (vinto da Terra di Hiroatsu Suzuki e Rossana Torres), ma la vera protagonista del film è la strada stessa, la sua storia e le storie che l’hanno percorsa nei decenni.

I tre movimenti del titolo sono i diversi materiali che compongono questo ritratto pieno d’affetto dell’Avenida Almirante Reis: le testimonianze scritte – come quella sugli ultimi giorni dell’ammiraglio – i filmati d’archivio e quelli realizzati dalla regista nella strada com’è adesso – fra i suoi abitanti, negozi, bar, edicole e passanti.
Il cinema Imperio oggi è un ristorante, ma le immagini d’archivio ce lo mostrano negli anni Sessanta, quando le impiegate del cinema raccontavano alla tv portoghese i gusti del pubblico – «I biglietti del primo balcone vanno subito esauriti quando in programmazione ci sono dei film francesi» – o la storia della placca che sopra una delle poltrone ricordava il posto riservato dell’ufficiale Gago Coutinho.

CASA di una nutrita comunità cinese, la Avenida Almirante Reis è anche sempre più teatro della gentrificazione. Ma come in quasi tutta la città i luoghi turistici convivono con quelli più popolari, dalle pastelarias tipiche del Portogallo ai market e parrucchieri cinesi, un popolo con cui i portoghesi sembrano condividere la saudade della casa lontana. Nel montaggio di Sancho, i filmati d’epoca delle bandiere rosse di cui la strada traboccava nel primo maggio 1974, a pochi giorni dalla Rivoluzione dei garofani, lasciano il posto ai dragoni e alle danze del capodanno cinese. La regista fa così incontrare e convivere passato e presente nella grande strada di Lisbona, che dietro il ripetersi tranquillo della vita quotidiana cela il passaggio della Storia, e ne scrive una nuova ancora in divenire.