I Songs for Eternity di Ute Lemper sono passati, in doppia data, anche a Milano al Piccolo Teatro Strehler e da par loro, grazie alla singolarissima ed effervescente bravura della cantante tedesca, hanno in modo riflessivo e raffinato celebrato i festeggiamenti per i 70 anni della fondazione del primo teatro stabile italiano. Niente di meglio non si poteva fare visto che i gradi di separazione che avvicinano il Piccolo Teatro e i suoi fondatori Giorgio Strehler e Paolo Grassi da Ute Lemper sono quelli dell’amore per Bertolt Brecht e più ampiamente per la cultura ebraica. Infatti, sono passati poco più di trent’anni da quel primo volume, Ute Lemper sings Kurt Weill, seguito dalla partecipazione al progetto di registrazioni di Musica Degenerata (Entartete Music della Decca iniziato nel 1987), che segnò in modo pressoché indelebile la discografia dedicata all’insostituibile musicista e compositore brechtiano.

Quel primigenio legame con la cultura musicale ebrea, successivamente diventata anche familiare come la stessa artista non manca di rammentare avendo sposato “da vent’anni un uomo di religione ebraica”, ha sotteso l’intera carriera della Lemper tanto da connotarne la sua stessa presenza in progetti marcati da commemorazioni e anniversari riguardanti la Shoah come la liberazione del lager di Auschwitz. L’intero recital di Songs of Eternity , non ancora interamente fissato su disco se non nei suoi rivoli laterali – la ripresa di Lili Marleen che ha aperto il concerto o September Song di Weill o Strange Fruit della Holiday (canzoni tutte tese a dimostrare come lo zaino di disperazione non cessa con l’esilio e il successo dall’altra parte dell’Oceano, né se in quella parte di mondo si è nati con la pelle nera) – si concentra sul canzoniere composto nei lager e nella «città – modello» di Terezin, costruita dai nazisti come stazione di passaggio prima della soluzione finale», che divenne però il più alto concentrato intellettuale, musicale e artistico dell’ebraismo europeo e restituito alla memoria da dal lavoro di scavo e di riscrittura da parte di collezionisti e studiosi.

Da quest’inestimabile patrimonio culturale, la Lemper ha estratto brani, interpolati da uno storytelling narrativo di rara eleganza che ne ha esaltato le fini doti di attrice, che raccontano per giustapposizione e contrasto la vita calpestata, umiliata, disintegrata di un nugolo di uomini e donne, bambini e anziani, conosciuti come l’allievo di Schoenberg, Viktor Ullmann o misconosciuti come la poetessa Ilse Weber, le cui canzoni sono state fortunosamente recuperate «grazie ai ricordi» di chi sopravvisse all’orrore nazista.