La proposta di Tsipras ai creditori ha messo in gioco la sopravvivenza del governo prima e durante il dibattito parlamentare. Mentre scriviamo è in corso il dibattito in parlamento, ma ad eccezione di un paio di membri di Syriza che hanno annunciato il loro no al mandato per Tsipras a trattare, la parte più a sinistra del Partito, «Piattaforma di sinistra» ha annunciato il proprio sostegno al premier.

La palla dunque, ora, passa all’Eurogruppo. Il dilemma per i dirigenti di Syriza era cominciato quando è stato reso noto il contenuto delle proposte greche: dovevano scegliere se far cadere il governo o accettare un terzo programma considerato «lacrime e sangue»; un pacchetto di proposte, secondo i dissidenti, lontano dalle dichiarazioni programmatiche del «programma di Salonicco». Le discussioni nelle riunioni delle componenti del partito sono state accese. Tutti erano consapevoli che un voto contrario alle proposte di Tsipras avrebbe provocato un colpo d’arresto al governo delle sinistre. Una sconfitta per la sinistra greca, un colpo duro per l’Europa della solidarietà e dei diritti. Solo una settimana la Grecia con il «no» aveva dato un chiaro mandato a Tsipras per trattare senza mettere in discussione la permanenza del paese nell’eurozona.

Ora in molti si chiedono se abbia senso accettare nuove misure di austerità. Il primo a reagire è stato, come ci si aspettava, il ministro della Ristrutturazione produttiva e dell’energia, Panayotis Lafazanis, leader della «Piattaforma di sinistra», la potente componente all’interno di Syriza, che mentre scriviamo, ha confermato l’appoggio a Tsipras nel dibattito parlamentare.

La sua prima reazione è stata categorica: «non voteremo, ha detto, un terzo memorandum». Secondo Lafazanis, sibillino, la Grecia «non ha nessuna pistola alla tempia, esistono opzioni alternative» a un nuovo accordo con la troika. Altrettanto dure e scettiche nei confronti della proposta del governo sono state le reazioni di alti dirigenti della sinistra radicale greca.

Il clima è cambiato quando si è sparsa la voce secondo la quale saranno radiati dal partito e dal gruppo parlamentare tutti coloro che si oppongono al piano Tsipras. Quasi 6 ore è durata la riunione a porte chiuse senza la presenza di giornalisti e di telecamere. Sei ore drammatiche che hanno messo alla prova la compattezza del partito.

Tsipras, parlando venti minuti, ha lanciato un appello ai deputati esortandoli ad appoggiare un accordo con i creditori per ottenere un terzo piano di salvataggio in cambio di riforme. Altrimenti, ha detto, «non accetterò che il governo perda la maggioranza» (Syriza possiede 149 seggi sui 300 e Anel, i «Greci indipendenti», l’altro partner di governo, 13 seggi). Il premier greco ha ribadito che il governo «non ha alcun mandato per un Grexit».

«Ci troviamo di fronte a decisioni cruciali, abbiamo un mandato per ottenere un accordo migliore rispetto l’ultimatum che l’Eurogruppo ci aveva posto, non abbiamo un mandato per portare la Grecia fuori dall’eurozona». E poi ha concluso: «o andremo avanti tutti insieme o cadremo tutti insieme».

«L’uscita dall’euro è l’unica soluzione» ha detto uno dei tre rappresentanti del gruppo parlamentare di Syriza, Thanassis Petrakos, mentre l’altro, Nikos Filis si è schierato contro.

«Non abbiamo avuto né un piano preciso alle trattative con i creditori, né una buona squadra di negoziatori» ha sostenuto il vice-presidente della camera, Alexis Mitropoulos, ex socialista del Pasok. Ottimismo, invece, sull’accordo e sull’approvazione del parlamento greco, è stato espresso dal vice-ministro dell’economia, Dimitris Mardas e il ministro degli interni, Nikos Voutsis.

«La scommessa è quella di ottenere la fiducia degli investitori» ha sostenuto l’ex ministro delle finanze, Yanis Varoufakis, mentre il suo successore Euclid Tsakalotos ha fatto notare che «la proposta è migliore rispetto al passato perché tra l’altro parla della necessità di ristrutturare il debito».

La riunione del gruppo parlamentare di Syriza si è conclusa senza votazione e nonostante le tensioni, si ritiene che al momento della votazione non voteranno contro più di 10 deputati.

Nonostante l’approvazione, si fanno insistenti le voci di dimissioni di alcuni ministri facente parte della «Piattaforma di sinistra»: Panayotis Lafazanis, Dimitris Satratoulis, vice-ministro della Previdenza sociale, Kostas Isychos, vice-ministro della difesa e Nikos Chountis, vice-ministro degli esteri.

Un’incognita è rimasta fino all’ultimo la posizione di Panos Kammenos, leader degli Anel, del partito di destra e partner di governo. Kammenos non ha firmato le proposte presentate ai creditori (non ha firmato nemmeno il ministro Lafazanis) perché prevedono la diminuzione delle spese militari e l’annullamento dell’aliquota Iva alle isole. «Non vuol dire niente che il nostro leader non abbia firmato. La Grecia rimarrà in Europa» ha detto il ministro Terence Kouik, braccio destro del leader Anel.

A favore della proposta greca si sono schierati il partito di destra Nea Dimokratia, i socialisti del Pasok e i centristi del Potami, il leader dei quali, Stavoros Teodorakis si è incontrato ieri a Bruxelles con Jean-Claude Juncker. I comunisti del Kke, invece, hanno denunciato «il terzo memorandum promosso dal governo» e ieri hanno organizzato una manifestazione di protesta alla centralissima Platia Syntagmatos di fronte al parlamento.