A 74 anni compiuti e un Premio Pulitzer, Henry Threadgill sforna capolavori in serie. In questo suo ultimo lavoro si limita, si fa per dire, a sorvegliare la sua musica prendere vita grazie a un organico come sempre improbabile.
Ma con Threadgill ciò che può sembrare bizzarro funziona sempre. Qui addirittura ci sono ben tre pianoforti (David Virelles, Luis Perdomo e David Bryant) oltre a due sax alto, violoncello, batteria e la tuba del fido Jose Davila.

Su di lui poggia gran parte della complessa trama ritmica che pesca da suggestioni bandistiche, latin e funk. Quattro brani ancora una volta sorprendenti nel saper essere perfettamente riconoscibili eppur nuovi. Il segreto di un musicista immenso la cui statura emerge come una figura imprescindibile per chi crede che il jazz non sia solo una musica da museo o da apericena ma materia viva, contraddittoria e palpitante.