Uno per dieci? Oltre cinque milioni. Por ahora… La matematica chavista, in Venezuela, anticipa i numeri delle prossime elezioni. Il 6 dicembre si svolgono le parlamentari, e i vari circuiti stanno chiudendo a scaglioni la campagna. Da giovedì, ley seca (niente vendita di alcolici) e silenzio dei candidati che aspirano a far parte dei 167 deputati – 164 per le entità federali e 3 per la rappresentanza indigena – e che resteranno in carica all’Assemblea nazionale per 5 anni.

Attualmente, il Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) ha 98 seggi, il cartello di opposizione riunito nella Mesa de la Unidad Popular (Mud) ne ha 65. E vi sono due deputati del partito indipendente Patria para todos (Ppt), determinante ago della bilancia per facilitare o bocciare l’approvazione di leggi che richiedono i tre quinti degli aventi diritto, ovvero una maggioranza di 99 deputati.

L’uno per dieci è la tabellina per convincere gli indecisi e rimotivare un elettorato sfiancato dal sabotaggio economico e dai sondaggi dei grandi media, che insistono sull’esaurimento del socialismo bolivariano.

È la consegna per ogni militante, che deve convincere almeno dieci persone a sottoscrivere un impegno elettorale. L’organizzazione è capillare e il conteggio pubblico, certificato e trasparente.

Ogni Ubch (Unità di battaglia Bolivar Chavez) si articola in altre dieci funzioni (logistica, movimenti sociali, donne, formazione ideologica, mobilitazione, propaganda, articolazione con la gioventù, sicurezza e difesa, appoggio al governo di strada, tecnica elettorale).

Il o la capopattuglia deve coordinare i rappresentanti dei singoli Clp (circoli di lotta popolare) che, a loro volta, portano almeno dieci persone (e non più di dodici). Funzionerà? Lo spettro dell’Argentina, tornata preda del neoliberismo, raddoppia gli sforzi. Ieri, in tutto il paese si è svolto «l’uno per dieci in famiglia» e quello dei diversamente abili.
Evelia è una dei capi pattuglia, la sua Ubch si trova in una zona di opposizione, il Petare, che appartiene al municipio Sucre e allo stato Miranda: lo stato governato da Henrique Capriles Radonsky, battuto da Chavez e da Maduro nelle ultime corse alla presidenza. La accompagnamo alla riunione di verifica dell’uno per dieci: un incontro elettorale per soli militanti, a cui partecipano i due candidati, William Ojeda (per il Petare) e Haiman El Troudi (per lo stato Miranda). Ojeda è giornalista e politico di lungo corso. Inizialmente eletto nel Movimento V Repubblica di Hugo Chavez, ha poi cambiato casacca, fondando un suo partito e appoggiando le campagne della destra. Nel 2012 è tornato all’ovile, dopo aver dichiarato pubblicamente di condividere le politiche sociali di Chavez.

Onesto e benvoluto, oggi pare l’uomo più adatto per intercettare i voti delle classi medie o di quanti considerano insopportabile il disinteresse del governatore per il territorio che lo ha eletto. «Da 17 anni – dirà Ojeda – sto disegnando un progetto di trasformazione del Petare, un lavoro che ora è in piena sintonia con il meraviglioso piano che sta sviluppando il ministero delle Opere pubbliche e della Viabilità, guidato da Bernardo Lopez y e dal Coordinatore Haiman El Troudi».

Il percorso di El Troudi, apprezzato ministro del Potere popolare per il Trasporto Terrestre e le Opere pubbliche, è invece quello di un socialista doc, che ha svolto molti incarichi di governo dentro e fuori il paese. Prima che inizi l’incontro, nella sede della Corporacion Electrica Nacional (Corpoelec), abbiamo fatto un giro fra i presenti: gente di classe media o medio alta, mischiata al popolo delle «parrocchie» più povere, di ogni generazione.

«In questa zona – dice Edoardo – il rapporto di forze tra l’opposizione e il chavismo è di circa 15 a 1. Nei quartieri di classe media, noi prendevamo il 20%, loro l’80%. Nei settori popolari, il rapporto era di 60 a 40 a nostro favore. Nell’ultima elezione, in Petare, la differenza è stata solo di 16.000 voti. In questa, dobbiamo vincere». Edoardo è un ingegnere che ha lavorato in Corpoelec fino alla pensione, si definisce «un attivista politico di sinistra da oltre quarant’anni, uno che per tutta la vita ha lottato per il socialismo».

Ha sempre vissuto in Petare: «Qui – spiega – vivono i discendenti di una immigrazione europea – spagnoli, italiani, portoghesi – che oggi ha un livello di vita medio-alto e vota in gran parte per le destre. I portoghesi hanno il controllo della distribuzione di alimenti, il settore in cui più si manifestano distorsioni dei prezzi. Il problema non è però di appartenenza etnica, ma di interessi di classe. Per farti un esempio, il capo di una grande impresa di mangimi per polli, la Protinal, appartiene alla famiglia di Leopoldo Lopez, leader di Voluntad Popular».

Ma è affidabile una figura come quella del candidato Ojeda? Edoardo scommette di sì: «perché – dice – ha sempre vissuto qui, lo conosciamo, se n’è andato dal chavismo per divergenze iniziali, ma è sempre rimasto di sinistra e poi è tornato». Anche Zulaica, biologa, viene da una zona agiata del Petare: «Sono qui perché ho vissuto il Caracazo, nel 1989 una rivolta popolare dovuta alla povertà in cui viveva l’80% della gente, a fronte del 20% che stava benissimo. Considero insopportabile che certa gente voglia tornare a quella situazione oggi che il governo ha investito così tanto per il benessere sociale, per la ricerca universitaria, la scuola pubblica, la condivisione. Abbiamo scoperto interi depositi di farmaci e alimenti accaparrati e lasciati scadere per provocare malessere nella popolazione. L’anno scorso ci sono state violenze, adesso l’opposizione non vuole riconoscere le elezioni. Come si può agire così contro il proprio popolo? Il loro unico programma è quello di cacciare Maduro». Interviene Nancy, docente universitaria in pensione: «Da sole siamo poco, unite siamo tutto».

Damaso è un contabile, attivo nel lavoro delle comuni e nel consiglio comunale, che ne è l’ossatura. «Porto il mio granello di sabbia per la rivoluzione – dice – attualmente stiamo costruendo un progetto ecologico integrato nell’ottica del risanamento ambientale e dell’eco-socialismo, come prevede il quinto punto del nostro programma strategico di governo: per dotare la comune di un motore economico e per educare le giovani generazioni. Come puoi vedere, qui, il Partito ha operato un profondo ricambio generazionale. Questi giovani sono preparatissimi e motivati, possiamo lasciare il futuro in mano loro: è la generazione d’oro, anzi di diamante».

Ma i conti, nell’economia popolare, non sempre tornano: «A tutela delle imprese comunali – dice Damaso – abbiamo un insieme di cinque leggi, che però si scontrano con quelle dell’economia capitalista, che impone prezzi alti alla materia prima, e dobbiamo far fronte al sabotaggio dell’opposizione al comune e alla governazione». Bionda e gioviale, Fatima è stata una delle giovanissime candidate alle primarie del Psuv.

Lavora nell’impresa petrolifera di stato, Pdvsa: «Io sono come Madre Teresa di Calcutta – dice – mi troverai sempre dalla parte degli ultimi, nei quartieri popolari. Nonostante l’inefficienza e il sabotaggio delle autorità comunali, abbiamo migliorato la qualità di vita di chi viveva nelle baracche, dei lavoratori informali, delle donne confinate in casa a occuparsi dei figli e a servire i mariti.

I chavisti mantengono gli impegni presi. Il presidente Maduro ha detto che, se entro il 31 dicembre non verrà consegnato un milione di case popolari ammobiliate, si taglierà un baffo. Siamo già a 800.000, dobbiamo accelerare».