Far finta di non vedere questa volta era davvero impossibile. Così come è difficile fingere che la questione non riguardi anche le istituzioni europee. Le immagini vergognose girate dall’aereo «Seabird» della ong Sea Watch della motovedetta libica che insegue un barcone di migranti, cerca di speronarlo e addirittura apre il fuoco pur di fermarlo, hanno fatto in poche ore il giro del mondo suscitando indignazione ovunque. Per Bruxelles è quindi inevitabile prendere posizione: «Abbiamo visto il video di questo incidente e stiamo attualmente verificando i fatti e le circostanze correlate a questo», ha detto ieri un portavoce della Commissione europea. «Sicuramente è una fonte di preoccupazione e chiederemo spiegazioni ai nostri partner libici nei nostri contatti regolari. Seguiremo molto seriamente questo incidente», ha proseguito il portavoce.

Non è la prima volta che la cosiddetta Guardia costiera di Tripoli usa violenza o addirittura spara contro i migranti o le navi delle ong. In passato altre immagini hanno documentato uomini e donne colpiti da bastoni o frustati dai miliziani per poi essere riportati nei centri di detenzione che l’Unione europea da anni dice di voler rendere più umani.

Le immagini riprese dall’aereo «Seabird» con protagonista la motovedetta Ras Jabir, una di quelle regalate a Tripoli nel 2017 dall’Italia, e per di più in zona Sar maltese, hanno reso per tutti impossibile far finta di non sapere. Perfino per i libici che, di fronte all’evidenza, non possono far altro che ammettere quanto accaduto.

Al mattino Tripoli annuncia l’avvio di un’inchiesta interna alla Marina, inchiesta che si conclude nel giro di poche ore nell’unico modo possibile: ammettendo la responsabilità dell’equipaggio della motovedetta. In una dichiarazione la Marina condanna «qualsiasi atto che viola gli standard e le leggi locali e internazionali» promettendo che i responsabili ne risponderanno. Frasi che suonano come di circostanza, rilasciate da una Paese che non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951.

Il mea culpa libico arriva proprio mentre l’Unione europea sta studiando la possibilità di nuovi finanziamenti al Paese nordafricano per fermare i migranti, ma soprattutto alla viglia dell’arrivo nel parlamento italiano del decreto missioni con nuovi finanziamenti alla cosiddetta Guardia costiera libica. Anche se il testo non è ancora passato al consiglio dei ministri il via libera da parte del governo dovrebbe essere imminente, tanto che il provvedimento è atteso per il 15 luglio all’esame delle commissioni Esteri e Difesa della Camera. Già de giorni fa, quando le immagini di Sea Watch sono diventate pubbliche, il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni aveva avvertito Pd e M5S: «Mi auguro che adesso annunceranno il proprio voto contrario al rifinanziamento nel decreto di questa missione», aveva detto, mentre il deputato da LeU Erasmo Palazzotto dopo aver definito il tentativo di speronamento e gli spari contro i migranti «una vergogna che l’Europa finanzia», aveva insistito: «Bisogna cessare il finanziamento alla cosiddetta Guardia costiera libica». Ieri sulla vicenda sono intervenuti i Radicali italiani:« Le immagini della ong Sea Watch devono far aprire gli occhi alla politica italiana», hanno affermato Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, segretario tesoriera e presidente dei Radicali italiani. Da sempre affermano che il Memorandum Italia-Libia deve essere cancellato. Il finanziamento ai clan libici, perché di questo si trar, nonché la consegna delle nostre motovedette sono soldi e mezzi che favoriscono azioni violente da parte di bande criminali». Per Riccardo Magi, deputato di +Europa, «quello documentato dall’aereo Seabird di Sea Watch non e’ un incidente come si legge in alcune note ufficiali e non c’è molto su cui fare luce con indagini particolari. Si tratta dell’agghiacciante conferma di quanto già noto a tutti, cittadini e istituzioni, italiani ed europei. C’e’ solo da agire interrompendo qualsiasi tipo di supporto finanziario e logistico a criminali in divisa».

Intanto ieri mattina una delle sette vittime, tutte donne, del naufragio di Lampedusa è stata riconosciuta dalla madre. Si tratta di una ragazza quindicenne che la madre, sopravvissuta alla tragedia, cercava disperatamente. Un uomo ha invece riconosciuto la moglie e un’altra donna la cognata. Dalla Tunisia arriva invece la notizia dell’ennesimo naufragio avvenuto tra mercoledì e giovedì al largo di Sfax. In questa tragedia, secondo le autorità tunisine, avrebbero perso la vita almeno otto migranti